L’insegnante e la relazione mozzata

Gilda Veneziadi Davide Viero,  La nostra scuola, 18.8.2021.

Gilda Venezia

Che cosa sta avvenendo alla figura dell’insegnante? Essa sta subendo (non da oggi) una radicale riconfigurazione che pochi colgono. Egli è visto come oggetto di formazione, che le sirene epocali declamano come obbligatoria, vero mantra da cui far partorire la scuola del futuro, finalmente mondata dal vecchiume.

Da tutto questo risulta un’identità segnata dalla perdita di autonomia, culminante nell’insegnante che mentre insegna dovrebbe essere lui stesso studente e sottomesso ad altri formatori che gli dicono come fare. Ma chi si farebbe operare da un chirurgo che sta ancora andando a scuola? La ricerca e il perfezionamento devono far parte tanto del bravo dottore quanto del bravo insegnante. Ma deve essere una ricerca autonoma, perché riferita a chi è già in possesso delle chiavi per accedere al sapere ed elaborarlo. Invece oggi passa una concezione di insegnante sempre in debito di formazione e perciò sempre in colpa. Spinto in questa condizione da un apparato di dispositivi tonitruanti quanto impersonali e dunque apparentemente oggettivi come la valutazione, la metrica di tutto, gli indici etc. E questa colpa porta ad un senso di sottomissione verso tutto. Un insegnante alla mercé di formatori a loro volta formati da altri formatori, in una spirale infinita che impedisce di vedere il vero mandante finale. Mandante che è la sovrastruttura generante e generata dall’oggettivazione che demarca e traccia confini separando tra loro sempre più cose, ammantandole di autoreferenzialità e distribuendo potere ad alcuni e sottomissione a molti. L’oggettivazione, inoltre, con la sua azione di cristallizzazione, è conservatrice dello status quo e subdola promotrice dello stesso in quanto, una volta accettata, sembra essere naturale e automatica, senza più necessità dell’azione da parte di un potente, che potrebbe anche suscitare ribellione.

Nel caso dell’insegnante l’oggettivazione agisce slegandolo sempre più dai contenuti. Quante volte sentiamo frasi del tipo: “La sola conoscenza delle materie non basta più; al centro va messa la capacità di insegnare; formazione e aggiornamento devono diventare obbligo per tutti neo-assunti e già in servizio, con tanto di verifiche della qualità raggiunta”.

Diversamente, un docente che fa i conti direttamente con i contenuti di una materia è autonomo e capace di autodeterminarsi in libertà; di rinnovarsi da sé in ogni istante, senza preclusioni o predeterminazioni.

Quando invece l’insegnamento si slega dai contenuti, salgono alla ribalta i metodi, ed è chiaro che l’insegnante così emergente viene degradato a mero esecutore di ordini impartiti da altri perché, senza più confronto col sapere, egli non ha più alcuna fonte a cui attingere, rimanendo così in balia del padrone di turno. Egli passa così alla mansione di funzionario dipendente (e non è un caso che all’orizzonte si prefigurino cambiamenti contrattuali in questo senso), un operaio sottomesso al capo e ai capetti e a ciò che di volta in volta gli viene indicato come bene.

Egli è un esecutore, un moderno proletario perché espropriato di ciò che era suo: il confronto generativo con i contenuti.

A livello universitario tale oggettivazione aggredisce con più difficoltà docenti e saperi, altrimenti l’università verrebbe cancellata, visto il ruolo preminente in essa dei saperi. Però altre forme di disarticolazione del sapere dal docente si palesano e sono quelle che legano lo stesso sapere alla spendibilità nel mondo e nel modello economico. Un modo astuto per depotenziare i contenuti e tenere solo quelli utili nel breve e nell’immediato. A lungo andare sopraggiungerà anche qui la morte del sapere, senza bisogno di distruggerlo alla luce del sole, ma per erosione e svuotamento.

La perdita della relazione con i contenuti e della conseguente autonomia liberante degli insegnanti porta un notevole vantaggio a chi gestisce il potere nello status quo, perché così non potrà sorgere più nulla che lo destabilizzi e tutti, senza accorgersene, saranno costretti all’implementazione del modello in una dipendenza la cui origine viene fatta agire sul singolo, affrescato come debitore inane della situazione data. Ma risulta chiaro che con l’orizzonte tarpato e l’impoverimento nel lungo termine la guerra, nella forma di concorrenza, si sposterà all’interno della cerchia di chi detiene il potere. Se ne uscirà quando un padrone decadente ma illuminato si renderà conto che la chiave di volta per salvarsi saranno i contenuti ed il sapere. Ma, ahinoi, a perseguirli sarà ancora una volta il potere che ne disporrà per se stesso.

Come se ne esce per davvero?

Con nessuna oggettivazione, nessun debito né alcuna relazione col potere ma attraverso un confronto diretto di ognuno col sapere. E con la consapevolezza che nessun corno vada escluso. Contenuti e metodi sono fine e mezzo, due facce di una stessa questione, con i primi che sono la fonte che deve essere resa accessibile tramite i secondi, così che poi gli alunni vi possano attingere indipendentemente. Ciò ristabilisce per l’insegnante la libertà di ricerca e di metodo. In sostanza una figura di insegnante libero e liberante; creatore e non succube di chi di volta in volta gli dice che cosa è bene. E tanto più potente risulta essere una simile concezione se questi contenuti si volgono agli oppressi e a coloro che vivono uno scarto tra ciò che sono e ciò che potrebbero essere. E dal momento che tutti nasciamo sulla lunga via da percorrere dell’umano, che non è mai definito né scontato ma sempre in divenire, tutti abbisogniamo di questo agire.

Ritorniamo dunque a fare i conti con i contenuti e con il sapere. Solo da questo confronto franco e libero nascono l’uomo umano e  il vero maestro; che è colui che senza mediazioni improprie accede al sapere e fa sì che gli altri vi accedano usando tutti gli strumenti all’uopo. La nuova scuola deve andare in questa direzione. Oggi contraria ed ostinata rispetto al dominante.

Davide Viero è autore del libro La scuola del macchinismo. Passaggi per un’altra antropologia, Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2020.

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L’insegnante e la relazione mozzata ultima modifica: 2021-08-19T05:00:16+02:00 da

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