Ok a 20 alunni disabili per classe,ma serve anche “stabilizzare” i docenti di sostegno

Gianluca Rapisarda, La Tecnica della scuola, 19.3.2017

– E’ in arrivo una delle deleghe attuative della legge 107/2015, una delle più tecniche e delicate, quella che riguarda l’inclusione degli alunni/studenti con disabilità. Dopo che le associazioni, nei mesi scorsi, avevano denunciato criticità e richiesto alcuni cambiamenti, le commissioni Cultura e Affari Sociali hanno licenziato un testo «che a detta delle relatrici On. Simona Malpezzi e On. Eleonora Carnevali “mira a costruire una scuola la più inclusiva possibile».

Tante le modifiche proposte. Innanzitutto, si rimette al “centro” la famiglia, che partecipa a tutte le fasi: dalla formulazione del profilo di funzionamento dell’alunno (che sostituisce la valutazione diagnostica funzionale, come chiesto dalle associazioni, ndr), alla quantificazione delle risorse da assegnare. Su richiesta delle famiglie, poi, il Piano educativo individualizzato (Pei) entra a far parte del profilo di funzionamento».

In particolare, i cambiamenti più sostanziali apportati dalle Commissioni riguardano la parte centrale del decreto, quella sulla certificazione e valutazione della disabilità e poi la progettazione e la programmazione. Qui ci sono interi articoli del decreto soppressi e sostituiti con nuovi articoli, che vanno a modificare la legge 104 (commissioni mediche e accertamento della disabilità nell’età evolutiva). Se la prima bozza introduceva la valutazione diagnostico-funzionale (che andava a sostituire gli attuali profilo dinamico funzionale e diagnosi funzionale), ora il parere delle Commissioni VII e XII parla di un «profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ICF, ai fini della formulazione del progetto individuale (di cui all’articolo 14 della legge 8 Novembre 2000), nonché per la definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI)». Il profilo di funzionamento è redatto dall’unità di valutazione multidisciplinare, composta da a. un medico specialista o da un esperto della condizione di salute della persona; b. uno specialista in neuropsichiatria infantile; c. un terapista della riabilitazione; d. un assistente sociale o un rappresentante dell’Ente locale di competenza che ha in carico il soggetto. Questo però «con la collaborazione dei genitori del bambino, dell’alunno o dello studente con disabilità, nonché con la partecipazione di un rappresentante dell’amministrazione scolastica”. Il profilo di funzionamento è il documento propedeutico alla definizione del PEI come pure del progetto individuale (art. 14 legge 328/2000): le prestazioni contenute nel progetto individuale sono definite anche in collaborazione con la scuola. A monte di tutto, si prevede che la domanda per l’accertamento della disabilità in età evolutiva è presentata dai genitori all’INPS, che vi dà riscontro non oltre 30 giorni dalla data di presentazione.
Il PEI-Piano Educativo Individualizzato ora è «elaborato e approvato dai docenti contitolari o dall’ intero consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori o dei soggetti con responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche interne ed esterne all’Istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con l’alunno o studente con disabilità, e con il supporto dell’unità multidisciplinare», mentre nella prima bozza era deliberato dal solo collegio docenti. Insieme alla famiglia anche enti locali, associazioni e attori più vicini al ragazzo con disabilità trovano un loro riconoscimento.
Sparisce poi ovunque la locuzione «inclusione degli alunni e degli studenti con disabilità». Si parla ora sempre soltanto di inclusione scolastica, tout court, come a dire che l’inclusione scolastica riguarda tutti, non è qualcosa solo degli alunni con disabilità.
Un’altra novità è che nell’assegnazione dei collaboratori scolastici nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti, si terrà conto del genere degli alunni e degli studenti.

Una novità del decreto era il fatto che la valutazione dell’inclusione scolastica fosse parte integrante della valutazione della scuola, tramite indicatori che l’Invalsi andrà a definire: ora alla stesura di questi indicatori parteciperà anche l’Osservatorio per l’inclusione scolastica istituito presso il Miur.

Passa inoltre, per quanto riguarda lo schema di decreto n. 377 (formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria), la richiesta delle associazioni di una reale formazione iniziale sulle didattiche inclusive per tutto il personale scolastico e di una formazione specifica per gli insegnanti di sostegno: che dovranno cumulare 60 crediti formativi universitari relativi alle didattiche dell’inclusione, oltre a quelli già previsti dal corso di laurea. I crediti «specifici» saranno in tutto 120: 60 prima della frequenza del corso di specializzazione, altri 60 durante.

Apprezzo tanto la disponibilità e l’apertura mostrata dalle Commissioni parlamentari Cultura ed Affari Sociali sulla formazione iniziale specifica sulle singole disabilità, dei futuri docenti per il sostegno e sulla formazione in servizio sulla didattica inclusiva e sulla pedagogia speciale di tutto il personale scolastico prevista nel neonato Decreto sull’inclusione, purchè si faccia veramente loro obbligo di osservarla.

A tal proposito, il recente “Piano Triennale di Formazione Obbligatorio” per i docenti curricolari e di sostegno in servizio mi sembra un ottimo strumento e una preziosa opportunità da cogliere da parte di tutte le Istituzioni scolastiche. La Formazione estesa a tutto il contesto, infatti, potrebbe finalmente ridurre e contenere il più triste e perverso fenomeno dell’attuale modello dell’inclusione scolastica del nostro Paese e cioè la delega al solo docente specializzato dell’alunno/studente con disabilità, con la conseguente emarginazione e ghettizzazione di quest’ultimo nella famigerata “aula di sostegno”.

Valuto pure molto positivamente il mantenimento delle classi con allievi con disabilità ad un numero massimo di 20 alunni. Tale fondamentale disposizione del Decreto, frutto del gran lavoro di squadra e di sinergica condivisione svolto dalla FAND e dalla FISH, infatti, recepisce quanto già previsto dagli art n. 4 e 5 del DPR 81 del 2009 e contrasta il proliferare delle “classi pollaio”, davvero deleterie per gli studenti disabili.

Nuova anche l’articolazione fra GLI, GIT e GLIR ovvero i gruppi che a diversi livelli territoriali si dedicano all’inclusione scolastica: nell’istituto (GLI), in ciascun ambito territoriale (GIT) e a livello regionale, in maniera interistituzionale (GLIR). A fare la proposta di quantificare le risorse di sostegno sono i dirigenti, che la inviano al GIT. È il GIT, come organo tecnico, che fa una proposta all’USR, il quale dà l’assegnazione definitiva delle risorse. In verità c’è un poco di confusione poiché nel PEI non paiono esserci cenni al sostegno didattico (art 10), mentre i sostegni – incluso quello didattico – sembrano dover essere contenuti nel profilo di funzionamento: quindi a determinare e quantificare le ore di sostegno sarà pare l’unità di valutazione multidisciplinare, oggi sì arricchita di componenti rispetto all’inizio ma comunque non composta dalle persone che effettivamente conoscono il ragazzo e con un assetto prevalentemente medico. Nascono sui territori delle “scuole polo”, una per ciascuno degli ambiti territoriali definiti dalla legge 107, con il compito di coordinare le attività di formazione e dare supporto alle scuole dell’ambito (forse in sostituzione degli attuali CTS?).
La continuità era un tema importante per le famiglie: la prima bozza di decreto prevedeva un vincolo decennale sul sostegno per gli insegnanti, mentre ora invece le Commissioni chiedono al Governo di verificare la possibilità di ridurre tale vincolo e «di superarlo definitivamente al momento di entrata a regime della nuova disciplina della formazione iniziale e del reclutamento degli insegnanti».

Inoltre, per garantire la continuità didattica, gli insegnanti di sostegno non potranno più passare automaticamente, solo facendo domanda, a insegnare una materia, ma dovranno sostenere esami specifici. Questo eviterà lo svuotamento delle graduatorie per il sostegno. I contratti a tempo determinato potranno poi essere reiterati «il più possibile», in caso di fruttuoso rapporto docente-alunno anche più di una volta l’anno.

All’articolo 16 dello Schema di Decreto 378 (continuità didattica) si aggiunge oggi infine che «al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 462 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994»: almeno per tutto l’anno l’insegnante di sostegno dovrebbe rimanere lo stesso.

Però, a parere di chi scrive, sulla continuità didattica, qualche ombra rimane, e cioè che il neonato Decreto non prevede nulla per contrastare il fatto che più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”. Per ovviare bisognerebbe rivedere i criteri degli organici dei docenti specializzati, che dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole e prevedere un serio e strutturale Piano di assunzione attraverso appositi Concorsi.

A mio avviso, un’altra importante criticità del Testo licenziato dalle Commissioni parlamentari è il mancato riferimento esplicito all’art 24 della Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone con disabilità, che invita a considerare finalmente il diritto all’istruzione come un insopprimibile diritto umano da garantire a qualsiasi cittadino, a prescindere dalla sua limitazione funzionale, e non un semplice e “generico” diritto da tutelare.

Tale grave “vulnus”, infatti, non promuove quel «cambio di mentalità e di approccio” tanto auspicato dalle Associazioni di e per persone con disabilità, che consentirebbe di passare una volta per tutte dalla vecchia dimensione “integrativa” alla nuova prospettiva culturale dell’inclusione.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: direttorescientifico@irifor.eu

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