– Negli ultimi giorni in alcune scuole del nostro Paese molti insegnanti hanno deciso di rifiutare il bonus che dovrebbe premiare il loro lavoro, il riconoscimento che certifica il merito per le attività svolte. Mi sorprende questa scelta perché sono convinta che questa sia, non solo una novità positiva, ma anche uno strumento che consentirà di migliorare la qualità dell’insegnamento e il percorso formativo degli studenti. Tra l’altro, la scelta su come attribuire il bonus è stata lasciata alla piena autonomia delle singole istituzioni scolastiche e non a una valutazione numerica, fatta con la calcolatrice dall’amministrazione centrale come se l’assegnazione del premio fosse una sorta di salario accessorio per lo svolgimento di lavoro aggiuntivo.
Tuttavia, c’è chi considera il merito un errore perché introduce un sistema nel quale docenti e scuole saranno costrette a competere e solo i migliori saranno premiati. In questo senso, i detrattori della norma affermano che questa scelta snaturerà il valore collegiale e collettivo dell’insegnamento e dell’organizzazione dei progetti educativi, “trasformando la scuola da luogo di civiltà a luogo della competizione tra pari”.
Anche in queste osservazione è contenuto un grave errore che è quello di pensare la scuola principalmente come un luogo di lavoro e non come un ambiente di apprendimento dove i ragazzi devono essere guidati, accompagnati, facilitati nella costruzione dei loro saperi. La scuola è, prima di ogni altra cosa, uno “spazio di azione” creato per stimolare e sostenere la costruzione di conoscenze, abilità, motivazioni.
Allora la domanda più importante da porsi è questa: l’introduzione di un principio di merito nella valutazione degli insegnanti può contribuire al rafforzamento di questo progetto? E’una scuola democratica quella dove il merito diventa un valore e un elemento chiave per il miglioramento dell’offerta formativa delle scuole intese come luoghi di apprendimento?
Credo di sì perché proprio sul merito si fonda la scuola che valuta gli studenti e, dunque, appare, incomprensibile che proprio gli insegnanti non vogliano misurarsi con il riconoscimento del loro valore, nell’affermazione ideologica di una scuola “piatta” dove si rifiuta ogni attribuzione di responsabilità e dove, risulta irricevibile la proposta di valorizzare esperienze e professionalità, nel tentativo anacronistico di salvaguardare un’idea di scuola che ha dimostrato, nel corso degli ultimi anni, tutte le sue debolezze. Ed è ancor più grave che non accettando che si pongano le basi per la nascita di un sistema di valutazione, si affermi che tutti gli insegnanti sono uguali e che nello stesso identico modo, con la stessa passione, con le stesse idee, con gli stessi strumenti, dedicando lo stesso tempo agli studenti, svolgano il loro lavoro. Questo non è vero e prima di me lo sanno proprio i docenti che, spesso, si lamentano di colleghi che affrontano la professione con noia e, talvolta, incompetenza.
Ma nel rifiutare ogni forma di valutazione (ricordo che la Legge 107 non prevede la valutazione tout court ma una sorta di premialità ad essa propedeutica) dimostriamo per l’ennesima volta di essere lontani anni luce dalle esperienze positive che da anni si realizzano in tutta Europa visto che siamo uno degli ultimi paesi che non prevede una qualche forma di valutazione. In questi giorni per qualcuno, non essere in linea con ciò che accade nel resto nel continente potrebbe essere un merito, per me è l’ennesima sconfitta di un Paese che non accetta di misurarsi con le sfide che l’attuale contesto socio-economico ha imposto anche al sistema dell’istruzione che oggi è considerato determinante nella strategia europea per la competitività, lo sviluppo e la sostenibilità.
La necessità di assicurare un insegnamento di qualità è uno dei nostri obiettivi principali e per farlo è necessario intervenire anche sul ruolo dell’insegnante rivedendo e rafforzando il suo profilo professionale e garantendo regolari opportunità di aggiornamento e formazione in servizio attraverso nuove metodologie didattiche. Inoltre, nell’ultimo rapporto della rete Eurydice “La professione insegnante in Europa” presentato a Bruxelles il 25 giugno si evidenzia come l’adeguato sviluppo professionale dei docenti debba includere la valutazione, il merito e momenti di feedback perché questo accresce la loro autostima permettendogli di essere valorizzati all’interno della comunità.
Per fare un buono studente ci vuole un buon insegnante. Negli ultimi mesi sono stati messi in campo i primi strumenti per consentire ai docenti di avere maggiori possibilità di svolgere bene il loro lavoro partendo proprio dalla valorizzazione delle loro capacità. Un Paese che rinuncia a premiare i più bravi è un paese che decide di non investire sul proprio futuro.
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Perché rifiutate il bonus insegnanti? ultima modifica: 2016-07-02T07:11:02+02:00 da