di Andrea Gavosto, Il Sole 24 Ore, 14.4.2022.
Una delle principali riforme scolastiche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) riguarda i meccanismi di formazione, selezione e carriera dei docenti: il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ne ha annunciato il varo entro giugno e Il Sole ha dato alcune anticipazioni. Si tratta di una riforma cruciale, forse la più importante fra quelle previste dal Pnrr nel campo dell’istruzione: la qualità di un sistema educativo è legata alle competenze e alle motivazioni di chi vi lavora. Pertanto, è fondamentale che la professione di insegnante diventi una delle più ambite e qualificate del Paese, se si vuole garantire un duraturo sviluppo economico, civile e culturale.
Se le questioni dell’assunzione degli insegnanti e della loro formazione sono da tempo oggetto di dibattito non altrettanto può dirsi per l’introduzione di una carriera per docenti. Eppure, una progressione lavorativa e retributiva, legata alle capacità, all’impegno e all’assunzione di responsabilità è la strada naturale di qualunque organizzazione per attrarre e incentivare i migliori talenti. La scuola italiana rappresenta un’eccezione: oggi, dopo l’ingresso in ruolo, non è previsto per i docenti alcuno scatto di carriera, ma solo sei gradini retributivi legati all’anzianità di servizio, sganciati dalle caratteristiche individuali. Questa anomalia si riflette sulle retribuzioni: se quelle iniziali sono allineate alla maggior parte degli altri Paesi europei, con la fortunata eccezione della Germania, al termine della vita lavorativa i salari italiani sono circa un 20% al di sotto di quelli francesi, spagnoli e anglosassoni. Da noi, la retribuzione di un docente di ruolo è sostanzialmente piatta: non un buon modo per attirare i migliori laureati nell’insegnamento.
Come creare un percorso di carriera che premi gli insegnanti più capaci? La decisione chiave è se la carriera vada intesa come una progressione salariale, sul modello di alcuni contratti di lavoro in cui i livelli sono correlati soprattutto al tempo trascorso nell’organizzazione; oppure se debba corrispondere in modo più stretto ai ruoli svolti nella scuola, e di conseguenza, le persone compiano un passaggio di carriera solo nel momento in cui acquisiscono una posizione di maggiore responsabilità, tipicamente di organizzazione della didattica all’interno della scuola. Nel primo caso (dalle anticipazioni del Sole sembra questa la strada presa dal governo), l’obiettivo è di garantire a tutti una crescita salariale nel corso della vita lavorativa, sia pure con velocità differenziate. Nel secondo, l’intento è di individuare le persone più utili per il funzionamento della scuola, affidandogli maggiori responsabilità e retribuendole adeguatamente: in questo caso i passaggi sarebbero più selettivi e meno numerosi. La seconda opzione appare preferibile se, come riteniamo, oggi l’urgenza è quella di attrarre alla scuola persone di qualità, pronte ad assumersi l’onere di coordinare il lavoro dei colleghi e migliorare la qualità complessiva dell’istituto. Inoltre, sappiamo dall’esperienza britannica che nell’ipotesi di carriera retributiva, a lungo andare la pressione interna per promuovere tutti, che lo meritino o meno, diventerebbe insostenibile.
Se si scegliesse la seconda strada, esisterebbero posizioni all’interno della scuola da affidare ai neo-promossi? La risposta è senz’altro positiva. Come sottolinea uno studio recente coordinato da Angelo Paletta, in tutte le scuole esistono posizioni di middle management. Se ne possono individuare almeno tre categorie: coordinamento generale, come i collaboratori del dirigente scolastico e i coordinatori di plesso; sostegno alla didattica come i coordinatori di classe o di dipartimento; sviluppo organizzativo, come il responsabile del piano dell’offerta formativa o delle nuove tecnologie. Attualmente questi incarichi sono coperti a rotazione con minimi incentivi retributivi; andrebbero invece trasformati in ruoli organizzativi permanenti, con scatti salariali significativi, a fronte di una selezione rigorosa dei candidati. Un percorso articolato di carriera avrebbe numerosi pregi: migliorare il funzionamento della scuola, delegando funzioni importanti a persone con profili qualificati; preparare le persone a ruoli di crescente responsabilità; spingere i docenti a investire nella permanenza in un determinato istituto, riducendo l’eccessiva mobilità.
Andrea Gavosto è Direttore Fondazione Agnelli
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Percorsi di carriera per migliorare la scuola pubblica ultima modifica: 2022-04-14T15:39:52+02:00 da