InfoDocenti.it, 12.10.2023.
Abbiamo trovato questo post sulla pagina Facebook della Gilda di Brescia Ci sembra interessante, così ve lo riproponiamo.
La stupidità non ha confine !!!
Come ogni inizio d’anno scolastico, ci tocca puntualmente dover ritornare sull’annosa questione dei permessi retribuiti, per gli ostacoli che spesso taluni Dirigenti pongono ai docenti nella fruizione di un diritto sacrosanto previsto dal Contratto e confermato sia dall’ARAN che da diverse sentenze di Tribunali, che hanno sempre visto soccombere quei “capi d’Istituto” che si ostinano a ritenere che sia il Dirigente Scolastico a concedere i suddetti permessi, quando, invece si tratta di un diritto soggettivo sacrosanto, che non può essere negato o ostacolato in nessun modo.
PERMESSI RETRIBUITI NEL COMPARTO SCUOLA E POTERI DEL DIRIGENTE SCOLASTICO
L’istituto del permesso retribuito è comparso per la prima volta nel Contratto sottoscritto il 4 agosto 1995, che ha introdotto nel comparto scuola il rapporto privatistico. Da allora sono stati firmati altri tre Contratti (1999, 2003, 2007 e 2018 tutt’ora in vigore) e in ogni rinnovo sono state introdotte delle modifiche, che hanno cambiato in senso migliorativo la norma in questione a favore del dipendente (docente o ATA), togliendo, di fatto, ogni potere discrezionale al Dirigente Scolastico.
1. EXCURSUS NORMATIVO – DAL CCNL DEL 1995 A QUELLO ATTUALMENTE IN VIGORE (CCNL 2007)
Art. 21, comma 2 del CCNL del 04/08/1995: “A domanda del dipendente sono, inoltre, concessi nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari debitamente documentati”.
Art. 49 del CCNL del 26/05/1999. “A domanda del dipendente sono, inoltre, concessi nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati, anche al rientro, od autocertificati in base alle normative vigenti. Per gli stessi motivi sono fruibili i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art.19, comma 9, del C.C.N.L. 4/8/1995 indipendentemente dalle condizioni previste da tale norma.
Art. 15 comma 2 del CCNL del 24/07/2003: “A domanda del dipendente, inoltre, sono attribuiti nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione”.
Art 15, comma 2, del C.C.N.L. del 29/11/2007: il dipendente ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, i docenti possono fruire di sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma.
Non ci vuole molto a trovare le differenze tra quello che era scritto nel Contratto del ’95 e quello che è cambiato (sicuramente in favore del dipendente) nei vari rinnovi contrattuali fino ad arrivare al Contratto vigente. Da notare che già nel C.C.N.L. del 1999, i motivi personali o familiari per cui si chiedono i permessi non devono essere più “particolari” o “gravi” (non vi è nessun riferimento in tal senso); la richiesta non deve più essere “debitamente documentata” ma più semplicemente “documentata” anche mediante “autocertificazione”.
Nel testo del C.C.N.L. 2007, tuttora in vigore, non vi è più l’espressione “sono concessi” (usata nei CCNL 1995 e 1999), a sua volta sostituita dall’espressione “sono attribuiti” (usata nel CCNL del 2003), ma si usa un sintagma dal significato inequivocabile: “ha diritto” “a domanda” sparisce, quindi, “ogni forma di discrezionalità del dirigente”.
In conclusione, secondo la norma contrattuale attualmente in vigore, il personale (docente e ATA), per fruire dei tre giorni di permesso, deve preventivamente motivare con documentazione o anche con autocertificazione le ragioni della richiesta, ma il dirigente non ha titolo a valutarla discrezionalmente poiché il suo intervento deve limitarsi a un mero controllo di tipo formale.
Nonostante siano ormai passati tanti anni dall’entrata in vigore del C.C.N.L. del 29/11/2007, sono ancora diversi i Dirigenti che su questa materia si ostinano a mettere in atto comportamenti incomprensibili, dimenticando – o ignorando – che fin dal C.C.N.L. del 2003 il loro potere discrezionale era venuto meno. Ne è dimostrazione il fatto che sulla materia (“permessi retribuiti e concessione del dirigente scolastico”) sono state emesse dai tribunali diverse sentenze che hanno visto soccombente l’Amministrazione che negava tali permessi per i più disparati motivi.
Alle sentenze emesse bisogna anche aggiungere l’intervento dell’ARAN, che a tutela della norma contrattuale afferma chiaramente che non vi è nessun potere discrezionale del dirigente scolastico nella concessione del permesso.
È utile ricordare ai dirigenti scolastici, e più in generale agli “addetti ai lavori”, che al fine di giustificare il rifiuto del permesso non sta assolutamente in piedi la “scusa” della responsabilità per danno erariale, a cui potrebbe andare incontro il dirigente qualora concedesse un giorno di permesso senza un motivo apprezzabilmente valido.
Questo per almeno tre ragioni:
- Non è prevista dal Contratto la valutazione o la discrezionalità del dirigente sulle motivazioni addotte dal richiedente il permesso;
- Non vi è nel Contratto (né in nessun’altra norma di legge) un’elencazione precisa di quali siano i motivi personali e/o familiari per cui è possibile fruire dei permessi;
- Diverse sentenze dei tribunali e l’ARAN hanno chiaramente (e si spera definitivamente) decretato che non vi è nessuna discrezionalità del dirigente nella concessione del permesso.
Pertanto, l’“apprezzabilità” o la “validità” dei motivi per cui il dipendente chiede di fruire del permesso non compete al dirigente. Quest’ultimo, infatti, deve limitarsi a un mero controllo di tipo formale.
2. LE SENTENZE E LE INTERPRETAZIONI AUTENTICHE DELL’ARAN (PER PERSONALE DOCENTE E ATA)
Sulla natura del permesso e sul suo contenuto potestativo, non dipendente da un atto discrezionale del datore di lavoro, si sono espressi il tribunale di Rimini (14/11/2001), la Cassazione, Sez. Lav., n. 11573 del 1997 e n. 16207 del 2008.
Già nel 2001 il Giudice del Lavoro di Terni si esprimeva in questi termini:
“…Trattasi in sostanza di un diritto del lavoratore che copre (per soli tre giorni ad anno) eventi particolari di natura personale o familiare. A questo diritto speciale di permesso non possono essere di ostacolo le esigenze organizzative del datore di lavoro. Ciò in considerazione del limitato periodo, e pertanto la semplice domanda documentata comporta la concessione del permesso. All´interpretazione della norma contrattuale rileva la voluta genericità ed elasticità della stessa, quanto si riferisce a motivi “personali” non specificando altro dato o contenuto.”
Più recentemente, i tribunali di Monza (Sentenza n. 288 del 12 maggio 2011), quello di Lagonegro (Sentenza n. 309 del 4 aprile 2012) e, recentissimamente, quello di Potenza (Sentenza n.544 del 4 ottobre 2013) hanno definitivamente chiarito che la richiesta del permesso, se motivata con documentazione o autocertificata da parte del personale, non è soggetta a valutazione discrezionale da parte del dirigente scolastico.
Nella sentenza del Tribunale di Potenza il Giudice scrive testualmente che “nei motivi personali ben può rientrare un viaggio all’estero, indipendentemente dal fatto che ci si rechi all’estero per motivi di studio o semplicemente per svago”. Il diniego del dirigente, motivato tra l’altro sulla scorta della esistenza di attività didattiche in corso (il che equivale ad introdurre per i permessi le stesse limitazioni che l’art. 13 prevede solo per una parte delle ferie) e di considerazioni (inammissibili) sul quando e sul come il lavoratore avrebbe potuto effettuare il programmato viaggio, appare illegittimo.”
Tutte le suddette sentenze precisano che nessuna discrezionalità è lasciata al dirigente scolastico in merito all’opportunità di autorizzare il permesso e le ferie (quest’ultime solo per il personale docente e se richieste come “permesso per motivi familiari o personali”) e, più in particolare, il dirigente non può comparare le esigenze scolastiche con le ragioni personali o familiari certificate per cui il permesso è richiesto, ma avrà solo un controllo di tipo formale in merito alla presentazione della domanda.
Dal momento che in molte scuole le contrattazioni d’istituto non si sono concluse, dirigenti ed RSU devono tenere d’occhio quest’ultimo passo riportato dalle sentenze di cui sopra: “non è consentito al dirigente scolastico porre delle regole preventive che vietino o restringano la possibilità per il personale (docenti e ATA) di usufruire dei permessi o delle ferie, se riferite al personale docente, in periodo di attività didattica, qualora queste siano richieste per motivi personali o familiari”.
Giova, infatti, ricordare che, se vi è necessità, il personale docente potrebbe richiedere il permesso anche se in quella giornata vi è una riunione del consiglio di classe per lo scrutinio intermedio o finale.
Neanche in questo caso le “esigenze scolastiche” (lo scrutinio) potrebbero ostacolare il diritto del personale docente ad ottenere il permesso.
Sull’argomento rileviamo anche un Parere ARAN del 2 febbraio 2011 (a cura del Dirigente Francesco Mendez), che in risposta ad un quesito dell’USR della Puglia ha precisato:
“…l’art 15, comma 2, primo periodo, esplicita chiaramente che il diritto ai tre giorni di permesso per motivi personali o familiari (norma comune per il personale docente ed ATA) è subordinato ad una richiesta (…a domanda) del dipendente documentata “anche mediante autocertificazione”.
Il secondo periodo dello stesso comma consente al personale docente – con la stessa modalità (richiesta) e allo stesso titolo (motivi personali o familiari) – la fruizione dei sei giorni di ferie durante l’attività didattica indipendentemente dalle condizioni previste dall’art. 13, comma 9 (ferie).
La previsione contrattuale generica ed ampia di “motivi personali o familiari e la possibilità che la richiesta di fruizione possa essere supportata anche da “autocertificazione”, a parere dell’Agenzia, esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico il quale, nell’ambito della propria fruizione – ai sensi dell’art. 1 del CCNL 11/4/2006 così come modificato dal CCNL 15/7/2010 relativo al personale dell’area V della dirigenza e ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. 165/2011 – è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell’istituzione scolastica nonché alla gestione organizzativa della stessa”.
In primo luogo, il Dirigente non ha titolo a concedere o non concedere, atteso che la materia di cui si discute non afferisce agli interessi legittimi, ma ai diritti soggettivi.
In secondo luogo, preso atto che si tratta di diritti soggettivi, il Dirigente non ha titolo ad ostacolare la fruizione essendo tenuto, per contro, a garantire il godimento del vantaggio in capo ad un soggetto, che ha facoltà di perseguire il proprio interesse godendo della protezione dell’ordinamento.
Infine, va detto che eventuali difficoltà organizzative della scuola non possono costituire elemento ostativo alla fruizione del diritto soggettivo che, in caso contrario, verrebbe ridotto a mero interesse o, al più, a diritto affievolito.
3. I SEI GIORNI DI FERIE POSSONO ESSERE FRUITI COME PERMESSO PERSONALE E FAMILIARE
(SOLO PER IL PERSONALE DOCENTE)
È chiaro che quanto affermato finora, in riferimento ai tre giorni di permesso retribuito, relativamente ai docenti, vale anche per sei giorni di ferie da fruire nei periodi di attività didattiche.
Tale fruizione può comportare oneri aggiuntivi (se necessario nomina di supplente) perché si prescinde dalle condizioni di cui all’art. 13, comma 9.
Riprendendo ancora il Parere ARAN n. 2698 del 2 febbraio 2011 riportiamo:
“…Il secondo periodo dello stesso comma consente al personale docente – con la stessa modalità (richiesta) e allo stesso titolo (motivi personali o familiari) – la fruizione dei sei giorni di ferie durante l’attività didattica indipendentemente dalle condizioni previste dall’art. 13, comma 9 (ferie).”
Ai sensi dell’art. 13, comma 9, le ferie richieste dal personale docente durante l’attività didattica sono concesse in subordine “alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”.
Dal disposto delle due norme (art. 15/2 secondo periodo e art. 13/9) si evince che se i 6 giorni di ferie sono dal personale docente richiesti come “motivi personali e familiari”, quindi producendo la documentazione necessaria anche mediante autocertificazione (così come avviene per i 3 giorni di permesso di cui all’art. 15, comma 2), tali giorni non solo devono essere attribuiti, quindi sono sottratti alla discrezionalità del dirigente, ma il personale richiedente il permesso non ha l’obbligo di accettarsi che per la sua sostituzione “non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”.
Pertanto, qualora il docente esaurisca i primi 3 giorni di permesso di cui all’articolo 15, comma 2, primo periodo, ha diritto, con la stessa modalità (richiesta) e allo stesso titolo (motivi personali o familiari) a fruire di ulteriori 6 giorni.
In conclusione, se anche i 6 giorni di ferie a disposizione durante le attività didattiche saranno fruiti come “permessi personali o familiari” il docente con contratto a tempo indeterminato avrà in totale 9 giorni (3+6) sottratti alla discrezionalità del dirigente, naturalmente se documentati anche con autocertificazione.
Tali 9 giorni (3+6) potranno essere fruiti a seconda delle necessità, ovvero in modo frazionato o continuativo.
Es. È possibile fruire, anche cumulativamente, di 6 giorni di permessi retribuiti (3) e ferie (3) per motivi familiari documentati anche mediante autocertificazione.
Precisiamo che i 6 giorni di cui all’art 13, comma 9 rimangono sempre e comunque delle “ferie” (intesi come istituto giuridico), pertanto qualora fossero fruiti come “permesso per motivi familiari o personali” saranno comunque scalati dal totale dei giorni di ferie annualmente spettanti.
4. L’AUTOCERTIFICAZIONE E GLI EVENTUALI CONTROLLI DELL’AMMINISTRAZIONE
Come finora detto il dipendente dovrà documentare o anche autocertificare i motivi della richiesta e dare quindi delle indicazioni giustificative dell’assenza.
È necessario, però, ricordare che non tutti i motivi personali e familiari si possono documentare. È anche per questo che l’Amministrazione non può avere un potere discrezionale sulla validità della richiesta e sulla documentazione eventualmente prodotta dal dipendente.
Come potrebbe un dipendente documentare la necessità di effettuare un trasloco?
Come si potrebbe documentare l’assistenza ad un parente o ad un figlio?
E come potrebbe mai il dirigente ritenere valido un motivo anziché un altro?
Già nel lontano 1984 una delibera della Corte dei Conti affermava che i “motivi personali o familiari” non devono necessariamente essere motivi o eventi gravi, ma si deve piuttosto trattare di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.
L’accertamento della verità è uno specifico dovere della Magistratura e delle forze di polizia. Se l’art. 15 del CCNL stabilisce che alcuni permessi possono essere documentati “anche mediante autocertificazione”, il dirigente non ha il diritto di chiedere ulteriore documentazione ed il dipendente non è tenuto a fornire altro. Precisato questo, nessuno vieta al dirigente di svolgere per proprio conto indagini approfondite, assumendosi – ovviamente – tutte le responsabilità del caso.