di Paolo Pizzo Orizzonte Scuola, 27.10.2015.
Permessi retribuiti per lavoratori che assistono familiari disabili in stato di gravità (L. 104/92): chi sono i soggetti legittimati ad assistere il disabile in situazione di handicap grave, cosa deve fare il Dirigente Scolastico, quando è possibile fruire dei permessi ad ore.
PREMESSA
L’art. 15/6 del CCNL comparto Scuola dispone che “I permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 sono retribuiti come previsto dall’art. 2, comma 3 ter, del decreto legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993 n. 423, e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi né riducono le ferie; essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti.”
La fruizione parziale dei giorni di permesso non dà diritto al godimento del residuo nel mese successivo.
I permessi retribuiti per handicap, di cui tratteremo, sono attribuiti solo al lavoratore che assiste un familiare a cui è stata riconosciuta la disabilità grave ovvero a condizione che l’handicap del familiare abbia la connotazione di gravità, come precisato al comma 3 dell’art. 3 della L.104/92:
“La minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”.
I permessi si intendono per anno scolastico.
SOGGETTI LEGITTIMATI AD ASSISTERE IL DISABILE IN SITUAZIONE DI HANDICAP GRAVE
Ai sensi della circolare della Funzione Pubblica n. 13/2010:
Secondo la norma, in linea generale, la legittimazione alla fruizione dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Rispetto alla normativa previgente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall’altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado.
Data la regola generale, la legge ha però previsto un’eccezione per i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti. In queste ipotesi, stimando eccessivamente onerosa o impossibile l’opera di assistenza a causa dell’età non più giovane o della patologia del famigliare, la legge prevede la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado.
Pertanto, la novità più rilevante rispetto al regime previgente è rappresentata dalla restrizione della categoria di famigliari che possono fruire dei permessi, poiché con la nuova norma si passa dal terzo al secondo grado di parentela, salvo la ricorrenza delle situazioni eccezionali dell’assenza, dell’età anagrafica o delle patologie.
Per comodità, si rammenta che il rapporto di parentela e quello di affinità sono definiti dal codice civile (art. 74 c.c.: “La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite”; art. 78 c.c.: “L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge”).
In base alla legge:
sono parenti di primo grado: genitori, figli naturali, adottati o affiliati;
sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti (figli dei figli);
sono parenti di terzo grado: bisnonni, zii, nipoti (figli di fratelli e/o sorelle), pronipoti in linea retta.
sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero, patrigno e matrigna, con figliastri;
sono affini di secondo grado: cognati (non sono affini il coniuge del cognato ovvero i cognati e le cognate di mia moglie; né sono affini tra loro i mariti di due sorelle);
sono affini di terzo grado: moglie dello zio, il marito della zia, la moglie del nipote e il marito della nipote.
La legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”.
In mancanza di un’espressa scelta sul punto, sentito il Ministero della salute, un utile punto di riferimento per l’individuazione di queste patologie è rappresentato dall’art. 2, comma 1, let. d), del decreto interministeriale – Ministero per la solidarietà sociale, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Ministero per le pari opportunità 21 luglio 2000, n. 278 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della L.8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari), che disciplina le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000. In particolare, si tratta delle:
“1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;”.
In presenza di queste situazioni, che naturalmente debbono essere tutte documentate, la legge consente di allargare la cerchia dei famigliari legittimati a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992, stimando a priori che i soggetti affetti dalle patologie in esame non siano in grado di prestare un’assistenza adeguata alla persona in situazione di handicap grave.
Pertanto, nel caso in cui il coniuge o i genitori della persona in situazione di handicap grave siano affetti dalle patologie rientranti in questo elenco, l’assistenza potrà essere prestata anche da parenti o affini entro il terzo grado.
Come detto, si può passare dal secondo al terzo grado di parentela anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore della persona in situazione di handicap grave. Ai fini della disciplina in esame, si ritiene corretto ricondurre al concetto di assenza, oltre alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), le situazioni giuridiche ad esse assimilabili, che abbiano carattere stabile e certo, quali il divorzio, la separazione legale e l’abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
È opportuno evidenziare che la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella disposizione normativa è utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”).
COSA DEVE FARE IL DIRIGENTE
Ai sensi della Circolare INPS n. 53/2008 “sul datore di lavoro incombe il diritto-dovere di verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione dei permessi citati, rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità, al di là della verifica della sussistenza dei requisiti di legge”.
Pertanto, il dirigente scolastico si deve limitare ad un controllo sulla correttezza formale della domanda, non avendo alcuna discrezionalità, ma dovendosi limitare soltanto alla mera verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti dalla legge.
Per i docenti: i 3 gg. di permesso non potranno essere negati neanche se i giorni richiesti coincidono con giornate in cui sono previste attività collegiali compresi gli scrutini intermedi o finali.
Il dipendente fruitore dei permessi non può essere soggetto al recupero delle ore non lavorate, di attività non prestate o avere l’incombenza di trovarsi i sostituiti per i giorni in cui si assenta (es. per i docenti: non potrà essere richiesto loro il recupero delle ore per assenza al collegio dei docenti, ai consigli di classe, agli scrutini ecc. coincidenti con i giorni di assenza).
Ai sensi dei punti 8 e 9 della circolare della Funzione Pubblica n.13/2010:
L’amministrazione che riceve l’istanza di fruizione delle agevolazioni da parte del dipendente interessato deve verificare l’adeguatezza e correttezza della documentazione presentata, chiedendone, se del caso, l’integrazione.
I provvedimenti di accoglimento dovranno essere periodicamente monitorati al fine di ottenere l’aggiornamento della documentazione e verificare l’attualità delle dichiarazioni sostitutive prodotte a supporto dell’istanza. Si richiama in particolare l’attenzione sulla necessità di chiedere il nuovo verbale medico nel caso di accertamento di handicap grave rivedibile.
L’amministrazione procederà alla verifica delle dichiarazioni sostitutive secondo le consuete modalità (artt. 71 e 72 del d.P.R. n. 445 del 2000) attraverso i propri servizi ispettivi, costituiti in osservanza dell’art. 1, comma 62, della l. n. 662 del 1996, o comunque su disposizioni impartite dall’ufficio preposto alla gestione del personale. La verifica dovrà essere svolta periodicamente, anche a campione. Nel caso in cui dall’accertamento risultasse l’insussistenza dei presupposti per la legittima fruizione dei permessi, l’amministrazione provvederà a revocare i benefici per effetto della decadenza.
Naturalmente, ove nell’ambito o a seguito degli accertamenti emergessero gli estremi di una responsabilità disciplinare del dipendente, l’amministrazione procederà alla tempestiva contestazione degli addebiti per lo svolgimento del relativo procedimento e, se del caso, alla comunicazione alle autorità competenti delle ipotesi di reato. Oltre a richiamare di nuovo le previsioni dell’art. 76 del d.P.R. n. 445 del 2000 sulle dichiarazioni mendaci, la formazione e l’uso di atti falsi, si ricordano ancora in questa sede le già citate norme contenute nell’art. 55 quater, comma 1, let. a), e nell’art. 55 quinquies, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Si rammenta che l’avvio e l’esito dei procedimenti disciplinari debbono essere comunicati all’Ispettorato per la funzione pubblica come richiesto dalla Direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione del 6 dicembre 2007, n. 8.
L’amministrazione, sotto altro aspetto, dovrà effettuare le comunicazioni dei permessi fruiti dai propri dipendenti per l’inserimento nella banca dati istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’art. 24, commi da 4 a 6, della l. n. 183 del 2010.
In fase di prima applicazione, ogni amministrazione dovrà procedere a riesaminare i provvedimenti di assenso già adottati al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla nuova legge. In caso di insussistenza dei requisiti, salvo tempestiva integrazione della documentazione prodotta in passato da parte dell’interessato, l’atto di assenso dovrà essere revocato e le agevolazioni non potranno essere più accordate per effetto della decadenza. Naturalmente, il dipendente che si trovi nella condizione di poter fruire dei permessi a diverso titolo in base alla nuova legge avrà l’onere di produrre una nuova istanza accompagnata dalla documentazione di supporto.
Ai sensi della Circolare della Funzione Pubblica n. 1/2012:
“Si rammenta a tutte le Amministrazioni l’adempimento previsto dall’art. 24 della l. n. 183 del 2010 ai fini della rilevazione sulla fruizione dei permessi per l’assistenza alle persone in situazione di handicap grave e si raccomanda il rispetto del termine previsto dalla legge (31 marzo di ogni anno).”
E’ POSSIBILE FRUIRE DEI PERMESSI AD ORE?
Solo la persona disabile in situazione di handicap grave (art. 3 comma 3 legge 104/92) potrebbe fruire dei permessi in ore.
Ciò è previsto dalla stessa legge 104/92 che all’art. 33/6 dispone che la persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ovvero di due ore di permesso giornaliero retribuito o di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
Tale possibilità non è invece prevista quando i permessi sono utilizzati per l’assistenza a familiari in stato di handicap grave, per cui è possibile utilizzare solo i 3 gg. di permesso mensile di cui all’art. 3 dell’art. 33.
Il CCNL comparto Scuola non prevede il frazionamento in ore dei 3 gg. di permessi né che il dipendente possa fruire alternativamente dei permessi in ore, infatti l’art.15/6 dispone che i permessi possono essere fruiti in giornate non ricorrenti.
Pertanto, a meno di diversi accordi all’interno dell’istituto e con il Dirigente (accordi che se previsti dovranno riguardare tutto il personale), il dipendente può fruire dei permessi solo in giorni.