di Rosaria Amato, la Repubblica, 23.6.2023.
Una sentenza della Consulta boccia ulteriori dilazioni e rateizzazioni del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici perché contrari al principio della giusta retribuzione, invitando il legislatore a rimuoverle gradualmente
ROMA – Stop al perenne differimento delle liquidazioni dei dipendenti pubblici. Con la sentenza 130 depositata oggi la Corte Costituzionale afferma che il rinvio dell’erogazione del Tfs “contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione”. In attesa del trattamento di fine servizio in questo momento, calcola uno studio della Uil, 1,6 milioni di pensionati del pubblico impiego. Mentre l’Inps calcola le somme che quindi non possono più essere procrastinate e devono essere versate ai dipendenti in 13,9 miliardi di euro per il solo 2023.
Il trattamento di fine servizio, spiega ancora la Corte Costituzionale, costituisce “un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana”, e cioè al momento del pensionamento. Per la Corte Costituzionale adesso il legislatore, “avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta”, deve individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria. Senza però continuare a procrastinare e rateizzare, perché se farlo per un periodo limitato, per far fronte alle esigenze di sostenibilità dei conti pubblici, può essere ammissibile, non lo è l’istituzionalizzazione del versamento differito.
La Corte richiama anche una precedente sentenza, la n.159 del 2019, con la quale “era già stato rivolto un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”, e che tra l’altro imponeva “temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati”. E quindi rivolge nuovamente l’invito al legislatore a intervenire, pur respingendo il ricorso e dunque non facendo decadere automaticamente la normativa, sottolineando che “non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa”.
Soddisfatti i sindacati del pubblico impiego: la Uil in particolare due giorni fa aveva diffuso uno studio sull’impatto del differimento del Tfs, ricordando che “per ottenere l’anticipo della liquidazione, la cui procedura è tra l’altro lenta e dall’esito non scontato, si arriva a pagare più di 2000 euro tra tassi di interesse e commissioni”. E oggi in una nota Domenico Proietti, segretario generale della Uil-Fpl, Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola-Rua e Sandro Colombi, segretario generale Uil-Pa, chiedono “un risarcimento per le migliaia di lavoratrici e lavoratori pubblici che ancora, a distanza variabile dai 2 ai 7 anni, stanno aspettando di ricevere il loro salario differito”.
Anche la Flp esprime soddisfazione e afferma che governo e Parlamento “non hanno più alibi e non possono ulteriormente differire l’adozione delle norme necessarie a rimuovere l’inaccettabile penalizzazione, tanto più che la Consulta ha censurato anche l’iniziativa degli anticipi onerosi del Tfs, operato dagli Istituti di credito, che di fatto lucravano sui ritardi dello Stato a riconoscere quello che è a tutti gli effetti un salario differito”. Mentre Maurizio Petriccioli, segretario generale della Cisl Fp, sindacato che nel 2018 aveva raccolto decine di migliaia di firme per chiedere la revisione dei tempi di corresponsione del Tfs, chiede che «si apra un confronto nel merito tra sindacati e parlamentari”.
.
.
.
.
.
.
.
.
Pubblica Amministrazione, no della Corte Costituzionale al differimento delle liquidazioni ultima modifica: 2023-06-23T21:21:33+02:00 da