Riflessioni sparse su questo nostro Titanic

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Astolfo sulla luna, 17.2.2019

– Diversi anni orsono richiamai una nota legge fisica secondo la quale un corpo di considerevole massa dotato di notevole forza inerziale modifica impercettibilmente la propria traiettoria a seguito dei colpi subiti da oggetti contundenti di varia grandezza: la utilizzai per immaginare le conseguenze di riforme e riformine subite dal “mondo della scuola” ogni volta che cambiava il titolare del ministero della pubblica istruzione.

Ora la mia percezione è diversa e per rappresentarla sceglierei l’immagine del famoso transatlantico che affonda nella notte dopo la collisione con un iceberg vagante nel Nord Atlantico. Per far emergere la similitudine con ciò che sta accadendo nella scuola, mi accontento di mettere assieme un paio elementi, anche se potrei raccogliere numerosi spunti per il mio ragionamento; semplicemente non voglio tediare chi legge con noiosi elenchi di lamentele: è noto che due indizi fanno una prova, perciò mi limiterò a ricordare la recente uscita del ministro Bussetti: «Agli insegnanti del Sud dico solo di impegnarsi di più», seguita dalla replica al giornalista che chiedeva se nel meridione arriveranno più fondi per colmare il gap con le regioni settentrionali:  «No, ci vuole solo più lavoro, sacrificio, impegno».

Non commenterò questa “coraggiosa” uscita, altri lo hanno fatto in modo molto più netto e preciso di quanto sarei in grado di fare io; osservo però che da parecchio tempo l’OCSE sottolinea il divario Nord-Sud nelle prestazioni degli studenti in lettura, matematica e scienze rilevate ogni tre anni dai test PISA. Com’è noto, a tale indagine condotta con lo scopo di stabilire fra l’altro confronti internazionali, si è affiancata da alcuni anni l’INVALSI, sostituendo le scienze con la lingua inglese: uno degli scopi di tali costose indagini sarebbe proprio quello di assegnare fondi alle scuole situate in aree svantaggiate del paese, ma tant’è. Solo una lettura superficiale, per usare un eufemismo, delle statistiche di cui sopra, può imputare ai docenti meridionali tale divario che appare acuirsi nel corso degli anni, anziché diminuire. Perciò la categorica affermazione del ministro sembra più il maldestro ripescaggio di antichi slogan del suo partito che il frutto di una riflessione meditata sulle azioni che sarebbe doveroso intraprendere in un territorio ove il semplice vivere civile appare una meta ormai irraggiungibile. Tanto più in un periodo in cui il capo del suddetto partito è a caccia di voti proprio nel Mezzogiorno.

Il fatto è che, aldilà di ogni valutazione di natura elettorale, con la proditoria riforma degli esami di Stato – e questo è il secondo elemento del mio ragionamento – verrà raggiunto il riallineamento fra le due parti del paese nelle future indagini OCSE-PISA, ma ciò avverrà facilmente verso il basso. È sufficiente dare un’occhiata agli esempi ministeriali delle prime prove per rendersi conto del netto impoverimento culturale rispetto alle prove assegnate negli anni scorsi: l’analisi del testo proposta per il brano di Giovanni Comisso è sicuramente più schematica rispetto alle vecchie tracce “A” dando meno libertà allo studente nello svolgimento dell’elaborato. Quanto alla tipologia “B”, gli studenti devono limitarsi a riassumere, dimostrare la comprensione ed elaborare un commentoai testi “argomentativi” (nell’esempio un vecchio testo di Eco e un altro di una nota pubblicitaria).

L’ultima tipologia è  il tema di attualità,  e questa volta l’esempio è tratto da una notevole opera di un sociologo francese; il fatto che quest’ultimo brano sia particolarmente interessante non deve ingannare: è vero che il vecchio esame di stato prevedeva soltanto un titolo e al massimo una breve citazione per lo sviluppo del tema di attualità “ex tipologia D”, ma proprio per questo il candidato era in grado di sviluppare con la massima libertà il proprio pensiero su tematiche che riguardano il suo quotidiano. Anche senza considerare il vulnusall’identità culturale nazionale provocato dalla scomparsa della “ex tipologia C”, il tema storico, appare chiaro l’intento omologante di chi ha progettato la nuova prima prova: ho interpellato a questo proposito diversi colleghi di italiano, che mi hanno confermato che quest’anno gli studenti affronteranno la prova con minori difficoltà rispetto agli anni scorsi, considerata anche la crescente minor capacità di elaborazione di un tema “libero” da parte delle nuove generazioni. Si sono anche dichiarati soddisfatti per questa innovazione, meno soddisfatti, invece, della qualità degli incontri organizzati dal ministero per prepararli all’incombente novità.

D’altronde la logica di tutto il nuovo esame, per ammissione dello stesso ministro e dei suoi funzionari, è quella di verificare la capacità dei candidati di relazionarsi a “documenti” di vario genere, in modo da garantire, attraverso il confezionamento centralizzato di griglie di valutazione, la “scientificità” dell’accertamento dei risultati. Da tale approccio deriva anche l’idea delle tre buste per il colloquio, semplicemente macchiettistica.

Ora, è evidente che tale atteggiamento da “feticismo documentale” denota una visione claustrofobica del sapere, strumentale all’appiattimento delle menti giovanili verso una falsa competitività imperniata sull’accumulazione di certificazioni da accatastare in ipertrofici curriculum CV, inversamente proporzionali alla probabilità di essere assunti in base alle proprie reali capacità.

Ma anche prescindendo da tutto ciò, come questo modo di intendere l’istruzione – che negli intendimenti del ministro, con laurea in scienze motorie, costringerà a lavorare anche i meridionali – possa migliorare le performance degli studenti italiani nelle indagini OCSE-PISA, INVALSI e chi più ne ha ne metta, resta per me un mistero. Certo è che – condotti da una guida così sicura della rotta da seguire – pare non ci si sia accorti del gran cozzo che il transatlantico, su cui si viaggia festosi nella notte della ragione, ha subito da poco, forse perché si è appena intravista la punta dell’enorme montagna di ghiaccio che ci ha travolto.

17 feb. ’19                                                                             Astolfo sulla Luna


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