di Marina Boscaino Il Fatto Quotidiano 28 aprile 2015
Certo, noi docenti siamo sotto pressione: sotto la pressione positiva di qualcosa che si sta muovendo. Cosa? In particolare l’inerzia delle persone, che hanno assistito passivamente allo snocciolarsi degli eventi – la pubblicazione del pdf La Buona Scuola, il falso “ascolto”, la manipolazione e la falsificazione dei dati del sondaggio, Leopolde e Nazareni, il rischio concreto che tutto entrasse in un decreto legge, il peggioramento (nel ddl che invece si sta discutendo alla Camera), di quanto previsto dal progetto originario – affidando a pochissimi analisi, reazioni, mobilitazione.
Oggi, invece, il vento sembra cambiare: il 23 moltissime città italiane hanno organizzato partecipatissimi flash mob; il 24 lo sciopero indetto da alcune sigle del sindacalismo di base ha fatto registrare una partecipazione significativa. Ancora: in tutta Italia cresce l’iniziativa, con assemblee, seminari, collegi straordinari dentro le scuole. La scuola italiana sembra svegliarsi da un torpore incomprensibile; il 5 maggio, giorno dello sciopero di Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals e Cobas non è impossibile la chiusura di molti istituti scolastici.
Ma anche loro sono sotto pressione. Da metà di aprile si susseguono contestazioni pesanti alla volta di esponenti del partito-governo e del governo-partito. È su tutti i quotidiani l’infelice e scandalosa dichiarazione di un ministro della Repubblica italiana (sic!) – Giannini, spalleggiata dall’impudica Puglisi – che ha dato degli “squadristi” a docenti, studenti e genitori che l’hanno contestata qualche giorno fa alla Festa dell’Unità di Bologna: “Gli squadristi strillano, gli altri assistono passivi, ma la rivoluzione si farà”.
Stigma dei cuor di leone della sinistra Pd, che certamente non faranno seguire al loro biasimo alcuna azione concreta, ci si può ormai giurare. Non essere d’accordo, dunque, comporta l’irresponsabile e odiosa accusa di squadrismo: vergogna! Soprattutto vergogna per questa calunniosa violenza verbale, che non è solo forma, ma transita attraverso la pervicace pratica della bugia, della concretizzazione di fatti (non avvenuti) affidata alle parole: ‘Continuerà a presentare la Buona Scuola nel paese?’ – chiede l’intervistatore al ministro Giannini – “Certo, le urla antidemocratiche non mi fermano. La consultazione sulla Buona Scuola, noi, l’abbiamo fatta davvero. Via internet siamo entrati nelle case di due milioni di persone”. Nemmeno il nervosismo generato dal diffuso dissenso può giustificare tanta volgarità.
A proposito di violenza: sono stati governo e Miur a far trovare – il giorno della conclusione della sedicente consultazione (i cui numeri lievitano giorno dopo giorno, ora siamo arrivati a 2 milioni!) – 4 file di poliziotti in tenuta antisommossa ad accogliere i docenti che volevano consegnare pacificamente al ministro le delibere dei propri collegi, contrarie alla Buona Scuola.
Sempre a proposito di violenza (non uso volontariamente la parola squadrismo che lascio alla sapiente linguista Giannini, che ne ha colpevolmente abusato): in Commissione – dove si sta discutendo la più pericolosa controriforma della scuola del Dopoguerra – la situazione è paradossale, dopo le false “audizioni record”. Da quando il Ddl è stato associato al DEF le regole sono saltate. È stato imposto che verrà stabilita una data di scadenza per la discussione e solo gli emendamenti presentati in Commissione potranno essere discussi in Aula; e non è improbabile che anche lì i tempi verranno contingentati.
Lunedì 27 è cominciata la discussione in Commissione, con la prospettiva di protrarla anche sabato e domenica 2 e 3 maggio, in modo da portare terminare tutto per il 4 o il 5 maggio. E l’ipotesi non è peregrina: “Approvato l’articolo 1 del ddl Buona Scuola in commissione”. Ecco il twitter di lunedì pomeriggio del tronfio e meritevolissimo Faraone: nonostante i 40 emendamenti proposti all’art. 1 del ddl, l’approvazione immediata dell’emendamento della relatrice Pd ha precluso la discussione di tutti gli altri presentati dall’opposizione, non essendo stato concesso il tempo per intervenire con i subemendamenti (le proposte alternative all’unico emendamento approvato). Si tratta di questioni tecniche: ma se proviamo a comprendere questo tipo di strategia, ci renderemo conto che l’intero ddl passerà in tempi record. E ci renderemo conto della gravissima sospensione della democrazia in questo Paese.
L’uomo unico al comando – di cui il dirigente scolastico dell’art.7 valutatore, reclutatore, decisore unico è un clone in scala – spadroneggia sulle istituzioni forte dello scodinzolo acritico dei suoi valletti. Formalmente si tratta di un ddl; ma il governo lo sta gestendo come roba sua, come un decreto legge, su cui rende impossibile qualsiasi tipo di intervento.
Il Parlamento è totalmente silenziato. La riforma della scuola sarà quella del partito del padrone.
Anche fuori e con ogni strategia la “rivoluzione” sta cercando di mettere il bavaglio al dissenso e allo sciopero del 5 maggio.Come il vero e proprio braccio armato del Miur e del governo, l’Invalsi – come prontamente denunciato da Unicobas e Cobas – ha spostato le prove del 5. La paura di una mobilitazione straordinaria ha portato ad un inedito ed inaudito abuso di potere, non lontano dal configurarsi come antisindacale.
Non accettarlo sta a noi; pretendendo da noi stessi una partecipazione inesausta in difesa della democrazia; e, dai sindacati che ci rappresentano, un atteggiamento intransigente rispetto ad un testo inemendabile. A noi “squadristi”, offesi da un ministro della Repubblica che non tollera il contraddittorio, se non nella falsa democrazia dei segni di spunta su un sondaggio online, di cui non abbiamo mai avuto la rendicontazione, non rimane che continuare a manifestare democraticamente il nostro no. E ricordare, al momento del voto, chi ci ha portato fino a qui.