TuttoscuolaNews, n. 995 del 24.5.2021.
Non si può non apprezzare lo sforzo del ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi per cercare di ridurre gli effetti negativi sugli alunni provocati dai mesi di scuola chiusa, e nemmeno si possono considerare pochi i 510 milioni di euro ‘pronta cassa’ stanziati, ma, nonostante l’annuncio del ministro che, con una certa soddisfazione, ha parlato di 5.800 progetti già presentati, la partenza del progetto ‘scuola d’estate’ sembra registrare una certa freddezza proprio da parte di chi dovrebbe metterlo in atto. A cominciare dai capi d’istituto che hanno la responsabilità di stendere i progetti, dopo avere concordato interventi di soggetti od enti esterni per la gestione di attività non prettamente scolastiche. Voci di corridoio, ad esempio, raccontano di tacite intese per evitare di presentare progetti che prevedano attività nel corso del mese di luglio. In modo che non ci siano scuole sul territorio che possano mettere in imbarazzo altre, per nulla intenzionate a svolgere attività per gli studenti in un mese che non ha li mai visti frequentare gli edifici scolastici se non per la coda dell’esame di maturità. Sembrerebbe che non si vogliano creare precedenti di questo tipo.
A parte qualche caso, sembra di capire che non sarebbero molti i docenti volontariamente disposti a sacrificare un po’ della loro estate di vacanza con i loro ragazzi a scuola in una nuova veste di “motivatori o mental coach”, per quanto retribuiti con un extra.
Per il capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Stefano Versari, intervistato a “L’ora di buco“, la nuova trasmissione radiofonica di Tuttoscuola su Radio Cusano Campus (ogni mercoledì alle 15), “uno pensa al periodo estivo come se si dovesse tornare in classe d’estate. Il tema del piano scuola estate non è questo. Il tema è aprire la scuola, rendere disponibile le possibilità di accedere alla scuola laddove non ci siano altri spazi di socialità. Oppure aprire, partecipare ad altri spazi di socialità, spazi sportivi, teatrali di volontariato. L’idea è non rimanere da soli in questo periodo dopo che si è rimasti per molto tempo da soli”.
Per i destinatari del progetto (i ragazzi) la risposta è divergente: mentre per i più piccoli potrebbe esserci il sì dei genitori lavoratori, sollevati da problemi di assistenza, difficilmente invece vi sarà l’assenso diffuso dei ragazzi più grandi, in realtà primi destinatari di un progetto che intende annullare in parte le molte privazioni relazionali loro provocate dal lockdown.
Non sarà facile sradicare d’un colpo l’abitudine di considerare l’estate un periodo di non-scuola, se pur rivista con canoni affatto diversi.
Oltre ai progetti di cui ha parlato il ministro (320 milioni di euro) che dovrebbero andare per il 70% a scuole statali e paritarie del Mezzogiorno, ci sono anche 150 milioni assegnati d’ufficio a tutte le 8.258 istituzioni scolastiche statali (in media circa 18.164 euro) da utilizzare “entro il 31 dicembre 2021 per la realizzazione degli interventi o per il completamento delle procedure di affidamento degli interventi, anche tramite il coinvolgimento, secondo principi di trasparenza e nel rispetto della normativa vigente, di enti del terzo settore e imprese sociali”.
Per quei progetti prevalentemente destinati a scuole del Mezzogiorno potrebbero essere gli istituti paritari i più disponibili ad attuarli.
La sensazione è che quel mezzo miliardo, in un modo o nell’altro sarà impegnato e speso, ma non subito (“entro il 31 dicembre 2021…”).
Il progetto dell’estate si compirà forse in autunno o alle soglie dell’inverno. Sperando che comunque riesca a raggiungere lo scopo per cui è nato: compensare i vuoti di relazione e di competenze determinati dal lockdown.
.
.
.
.
.
Scuola estiva o autunnale? Le resistenze delle scuole ultima modifica: 2021-05-24T05:39:35+02:00 da