di Giuliana Licini, Il Sole 24 Ore, 16.1.2020
– Dai recenti test internazionali Pisa-Ocse, già nell’insieme tutt’altro che positivi per gli studenti della Penisola, è emerso in particolare un crollo della performance delle 15enni nelle prove di lettura
Leggono poco e hanno sempre più difficoltà a capire quel che leggono. Le ragazze italiane hanno fatto un balzo all’indietro nella lettura e sul banco dei colpevoli potrebbero esserci anche pc e l’ormai immancabile smartphone.
Dai recenti test internazionali Pisa-Ocse, già nell’insieme tutt’altro che positivi per gli studenti della Penisola, è emerso in particolare un crollo della performance delle 15enni nelle prove di lettura (comprensione di testo), mentre i ragazzi si sono mantenuti sostanzialmente stabili, il che ha livellato verso il basso il ‘gender gap’.
Un tema su cui ha indagato Francesca Borgonovi, economista Ocse specializzata nei temi dell’istruzione, ora in forza allo University College di Londra, nel dipartimento di Education, in qualità di British Academy Global Professor.
Nel test 2018 il punteggio medio degli adolescenti italiani (maschi) nella lettura è stato di 464 (media Ocse 475) e quello delle ragazze di 489 (Ocse 505). Nel 2009, invece, i punteggi erano stati rispettivamente di 464, quindi lo stesso del 2018 per i ragazzi e di 510 punti, nettamente superiore per le coetanee (medie Ocse 476 e 515).
Nel 2000 i ragazzi erano a 469 punti (Ocse 479) e le ragazze a 507 (Ocse 511). Il peggioramento nelle competenze di lettura è marcato soprattutto tra le studentesse con le performance peggiori, le cosiddette ‘low achievers’ (il 10% con i punteggi più bassi) : il voto che nel 2009 era di 393 punti scende a 366 nel 2018, mentre i compagni di classe di pari livello passano da 335 a 327.
La flessione riguarda anche le ragazze che rientrano nella fascia mediana delle competenze, dove il punteggio diminuisce da 516 a 493 punti (Ocse 508 da 519) e soprattutto quella più elevata della performance (il 10% al top), che scende da 616 a 605 punti (Ocse sale invece da 623 a 626).
Si allarga il divario internazionale
I ragazzi, invece, segnano un leggero miglioramento a 470 punti nella fascia mediana delle competenze da 468 del 2009 e a 591 da 589 tra gli studenti al top (ma la media Ocse sale da 595 a 608). Da rilevare i dati sempre inferiori rispetto ai livelli internazionali, con un allargamento della forbice soprattutto tra gli studenti al top.
Come dire che la Penisola, in media, ha meno «primi della classe». «In Italia quello che vediamo è un miglioramento ai livelli alti di performance per i maschi tra il 2009 e il 2018, che però non è particolarmente elevato rispetto ad altri Paesi, mentre c’e’ stato un crollo tra le ragazze tra il 2009 e il 2018», riassume Borgonovi in un colloquio con Radiocor-Il Sole 24 Ore, commentando i dati che in parte vengono resi pubblici nel dettaglio per la prima volta.
Le possibili cause
«Nell’insieme le ragazze continuano ad andare meglio dei ragazzi, ma la riduzione del ‘gender gap’ nella comprensione dei testi avviene in un ambito di declino, il che è preoccupante», sottolinea l’economista. C’e’ una spiegazione immediata per il peggioramento delle ragazze? «In realtà no, si possono però avanzare delle ipotesi», è la risposta.
Una delle possibili piste riguarda le diverse modalità con cui sono state svolte le prove. Tra il 2000 e il 2009 i test sono stati somministrati su carta e non ci sono state innovazioni particolari nella struttura, mentre nel 2018 le prove sono state fatte sul pc ed erano un po’ diverse. «I test dovrebbero essere comparabili, ma resta la possibilità che le ragazze – a diversi livelli di performance, ma soprattutto i più bassi – si trovino meno a loro agio rispetto ai ragazzi in un ambiente digitale» e «tendano quindi ad andare meno bene in questi nuovi ambiti di espressione delle loro capacità». Il che è, in ogni caso, «negativo».
Più di tre ore al giorno sullo smartphone
Una seconda ipotesi riguarda una “convergenza” nei livelli bassi performance, ovvero il decimo percentile, verso i comportamenti dei maschi, da sempre tendenzialmente poco motivati nei confronti della scuola, della lettura o dello studio.
«Le ragazze, ed è quello che è cambiato tra il 2009 e il 2018 a mio avviso, a livelli bassi di performance tendono ad essersi uniformate maggiormente all’atteggiamento maschile, quindi ad essere più demotivate, a passare più tempo magari sul cellulare, tenendo anche conto che nel 2009 lo smartphone, con accesso a Internet etc, era meno diffuso tra gli adolescenti di quell’età», indica l’economista.
Sempre più tempo online (anche le ragazze)
È tra l’altro aumentato di molto il tempo che gli adolescenti passano su Internet: gli adolescenti italiani (maschi e femmine) nel 2018 sono rimasti ‘online’ 96 minuti in più in media rispetto al 2009 durante un tipico giorno della settimana, portando il totale a 190 minuti quotidiani. «E’ tantissimo se si pensa ai tanti impegni giornalieri di un ragazzo, tra scuola, studio, spostamenti ed altro», nota l’economista.
Tra le ragazze le patite di Internet sono proprio quelle con le performance peggiori nella lettura: se nel 2009 passavano tra pc e smartphone 138 minuti, nel 2018 sono arrivate a 233 minuti al giorno (quasi 100 minuti in più), mentre nello stesso periodo i maschi sono passati da 126 minuti a 183 minuti (‘solo’ 58 minuti in più).
Va detto che anche le ragazze ‘super-brave’ sono passate da 88 minuti a 192, cioè 104 minuti in più, mentre tra i maschi ‘primi della classe’ il tempo online è aumentato da 106 a 191 minuti. Nello stesso periodo, il tempo dedicato alla lettura come piacere fuori dagli impegni scolastici, per le ragazze ‘low achievers’ è passato da 29 minuti a 34 minuti (5 minuti in più al giorno) e per i ragazzi da 13 minuti a 17 minuti. Al ‘top’ per le ragazze non ci sono grandi variazioni (56 minuti da 55) e per i ragazzi il tempo è addirittura diminuito (da 38 a 34 minuti).
Resta da vedere cosa leggano e quanto capiscano. Per le ragazze è possibile che, “tendenzialmente gli strumenti digitali siano stati ai livelli bassi uno strumento che ha influito negativamente sulla capacità di concentrazione, mentre ai livelli più alti di apprendimento, dove le ragazze erano già motivate prima, l’appeal del fattore digitale si è rivelato meno importante rispetto ai ragazzi e quindi non ha influito particolarmente nella performance” di lettura, osserva Borgonovi.
In conclusione, «il mezzo digitale in un certo senso può essere un potenziale promotore di divario. Se hai le capacità di usarlo nella gestione complessiva del tuo tempo, allora diventa uno strumento importante che può motivare, aiutare nella scoperta di cose nuove ed interessanti». Diventa, invece, «un mezzo di ‘distrazione di massa’ se la capacità di gestione del proprio tempo e delle proprie risorse manca».
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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