di Angela Mauro, L’Huffington Post 17.6.2015.
A questo punto, Matteo Renzi tenta il tutto per tutto sulla scuola. Troppo rischioso lasciarla scivolare così fino all’autunno, gravida del piano di assunzioni che slitterebbe al 2016 tra le prevedibili polemiche. E’ per questo che, dopo aver annunciato lo stop al ddl impantanato in Senato e la convocazione di una conferenza nazionale a luglio sulla scuola, il premier ci ripensa, molla il freno e torna sull’acceleratore. “Discutiamo, facciamo modifiche, ma poi votiamo. Altrimenti saltano gli investimenti”, scrive di primo mattino su Facebook. L’idea è di raggiungere quello che i suoi definiscono “accordo politico” con la minoranza Dem e con le opposizioni per sfrondare i duemila emendamenti presentati in commissione. Ma sul tappeto il premier e i suoi valutano anche un’altra strada, decisamente più ‘hard’: mandare il ddl in aula senza il voto della commissione. A quel punto, in aula verrebbe presentato un maxiemendamento per saltare tutte le votazioni, porre la questione di fiducia e cercare così riparo dalle trappole che al Senato sono sempre dietro l’angolo per la maggioranza di governo.
Ma Renzi continua a oscillare tra una linea e l’altra. Perché la scuola non è materia che si possa trattare come l’Italicum: nemmeno Renzi può e questa è la novità del nuovo clima da post-amministrative. A Palazzo Madama, prima di Natale, anche la legge elettorale è stata portata in aula senza il voto in commissione, ‘senza relatore’, come si dice in gergo tecnico. Dunque non sarebbe la prima volta. Ma l’Italicum è altra storia. Contro l’Italicum non si sono riempite le piazze, come è successo il 5 maggio scorso nello sciopero contro la ‘Buona scuola’, quasi un annuncio del calo di voti per il Pd alle urne. Dunque, il Renzi 1 ancora è lì che combatte col Renzi 2, oscilla tra impeto e cautela, voglia di forzare e prudenza.
Ed è forse questa indecisione, del tutto innaturale per Renzi, che ha prodotto un vero e proprio paradosso oggi in Senato. In commissione Cultura si sono ribaltati i ruoli. Da un lato, i relatori di maggioranza, la Dem Francesca Puglisi e Franco Conte di Area Popolare, che hanno chiesto la sospensione dei lavori fino alla settimana prossima, sospensione accordata dal presidente della Commissione, il renzianissimo Andrea Marcucci. Dall’altro lato, l’opposizione che ha protestato chiedendo di andare avanti nell’esame degli emendamenti. Cioè: il mondo alla rovescia, un assurdo big bang prodotto forse dalla collisione tra il Renzi 1, decisionista, e il Renzi 2, mediatore.
Fatto sta che la pausa servirà a cercare un accordo politico per ridurre il numero degli emendamenti. Renzi mette sul tavolo alcune aperture, sempre le stesse che finora non hanno risolto i problemi con l’opposizione, né con la minoranza Dem, tanto meno con i sindacati. Vale a dire: l’introduzione di un tetto alle detrazioni fiscali per chi manda i figli alle scuole paritarie: le fasce sociali più alte non potranno beneficiarne. Poi: la valutazione di merito degli insegnanti – per la quale il governo mette a disposizione 200 milioni di euro – verrebbe introdotta solo in via sperimentale e non permanente. I presidi resterebbero in servizio nello stesso istituto per non più di due mandati, cioè sei anni. Ma nessuno tra i suoi scommette che l’accordo sia a portata di mano. E nessuno tra i non-renziani parla di ritiro degli emendamenti, né la minoranza Dem, né l’opposizione. “Il premier prima annuncia la sospensione dell’esame del ddl scuola e la conferenza a luglio, poi invece lascia trapelare gli ultimatum affinché vengano ritirati gli emendamenti”, ci dice Federico Fornaro, senatore di minoranza Dem. “Vorrei far presente a Renzi che il problema non è la minoranza…”. Anche perché quand’anche la minoranza decidesse di ritirare i suoi 300 emendamenti, resterebbero tutti gli altri 1700 dell’opposizione.
Il traguardo resterebbe comunque lontano. Ma Renzi ancora non si dà per vinto. Pur sapendo di camminare sulle uova perché l’affare scuola si è dimostrato il più sofferto nell’elettorato Pd. E allora questi giorni di sospensione della commissione Cultura serviranno anche a capire i dettagli tecnici dal ministero della Pubblica Istruzione. Vale a dire: quanto tempo resta per riuscire a far partire le centomila assunzioni a tempo indeterminato già a settembre 2015? Perché se si è già fuori tempo massimo, allora sarà inutile fare forzature. Tradotto: la via ‘hard’ del maxiemendamento con fiducia deve pagare, altrimenti non verrà praticata. A quel punto, la ‘Buona scuola’ scivolerebbe via verso luglio e l’autunno, le assunzioni slitterebbero al 2016, Renzi lavorerebbe per dimostrare che il piano è stato “bloccato da migliaia di emendamenti che cercano di stopparne l’approvazione”, come scrive oggi su Facebook. Resta l’idea di convocare la conferenza nazionale a luglio: comunque vada, si farà, assicurano i suoi. Ma se il disegno di legge finirà in soffitta, la conferenza potrebbe assumere toni più forti. Chissà: magari con un rimpasto di governo già fatto.
Scuola. Matteo Renzi tenta il tutto per tutto: accordo politico oppure in aula senza voto in commissione ultima modifica: 2015-06-18T05:35:42+02:00 da