Scuola, quel tema da «1» e la didattica dell’italiano tutta da rifare

di Marco Ricucci Il Corriere della sera, 18.3.2022.

Che lezione si può trarre dall’incidente della prof di Padova che ha postato su Facebook il tema copiato da un alunno? Che bisogna smetterla di puntare solo sulla grammatica astratta e sull’antologia dei testi: ci vuole una didattica in situazione che motivi e insegni ai ragazzi a scrivere per farsi capire da chi legge

Gilda Venezia

In una scuola superiore del Padovano, si è consumata una vicenda che sembra essere partorita dai buontemponi che scrivevano la sceneggiatura della serie di film su Pierino a scuola. La professoressa di italiano, dopo essersi accorta che un alunno ventenne dell’ultimo anno aveva in sostanza fatto un «copia-incolla» da Internet di un tema assegnato a casa,non solo gli ha dato 1 (uno!) ma ha avuto la «infelice» idea di pubblicare, anonimizzato, l’elaborato sul suo profilo di Facebook. Il commento non lasciava adito a dubbi: al di là delle roboanti sgrammaticature, la docente sconsolatamente metteva in dubbio la maturità del gesto del giovane adulto, rispetto a chi a breve entrerà -potenzialmente- nel mondo del lavoro. L’episodio ci porta una riflessione: il tema «tradizionale» ha ancora un suo senso, una sua efficacia didattica, una logica nel mondo di oggi?

La scrittura è infatti un’abilità linguistica fondamentale, anzi uno strumento indispensabile per la costruzione del sapere e contribuisce, in particolare nella moderna società dell’informazione, allo svolgimento di numerose attività culturali e professionali, nonché al successo delle relazioni interpersonali. Un antico adagio afferma: «Non scholae, sed vitae discimus». Impariamo non per la scuola ma per la vita. La scuola dunque dovrebbe offrire occasioni di scrittura in un contesto significativo: l’esperienza di alternanza scuola-lavoro è una occasione preziosissima, purché sia ben organizzata e coordinata con la scuola, dove i ragazzi imparano a leggere, scrivere e a far di conto. Anche la didattica più recente della scrittura punta a riportare l’attenzione sulle manifestazioni concrete del codice, ovvero la lingua in atto cioè in uso, anziché sulle sue caratteristiche astratte, ovvero la lingua in potenza cioè non in uso. Insomma, persino l’accademia ha riconosciuto l’importanza della lingua usata in contesto comunicativo e situazionale, rimettendo al centro dell’interesse il significato e, in particolare, i meccanismi attraverso i quali il ricevente conferisce un senso ai prodotti della comunicazione.

Come è noto la normativa si è aperta alla dimensione testuale ormai da mezzo secolo coi programmi per la scuola media del 1979, ma nella prassi scolastica, al biennio, i docenti continuano da più parti a privilegiare le attività di riconoscimento e analisi delle strutture grammaticali, tradizionalmente contenute nel primo volume dei manuali. Perciò si fa riferimento a una grammatica normativa e prescrittiva. Al secondo anno del biennio, generalmente, si dà spazio maggio re alla cosiddetta linguistica dei testi, cioè alla possibilità di catalogare i testi in famiglie, e di descriverne le caratteristiche formali e funzionali, corredata da una tassonomia delle caratteristiche dei generi testuali, a volte dettagliata al limite della pedanteria. Questa sciorinata tassonomica dei testi va certamente a detrimento degli aspetti che caratterizzano il testo in quanto tale, al di là della tipologia a cui appartiene: coerenza, coesione, gestione della progressione tematica, insomma un bagaglio di competenze «tecniche» che mettono il ricevente nella condizione di ricostruire le informazioni implicite contenute in un testo a partire da quelle affermate, dall’orizzonte di attese, dal background di chi legge .

La scrittura, fortemente connessa con le attività di comprensione dovuta alla lettura, va intesa e praticata prevalentemente non solo come attività di riuso o riscrittura di parti del testo o dei testi letti, ma anche come pratica di finalità in contesto, che possano essere motivanti in quanto reali o verosimili. Nella scuola italiana c’è un equivoco che pochi, con coraggio, vogliono ammettere in modo trasparente: tradizionalmente l’educazione linguistica e l’educazione letteraria sembrano essere un unicum, ma invece nella realtà dei fatti corrono nella scuola su due binari paralleli che difficilmente trovano un punto di convergenza. Nei manuali del biennio, dove non vi è l’obbligo della storia della letteratura italiana come al triennio, c’è una ricca mole di brani antologici, ma le attività legate allo sviluppo delle competenze di scrittura che da questi prendono spunto sono alquanto limitate e perlopiù ascrivibili ad esercizi di scrittura creativa. Poi si passa la triennio con tipologie testuali molto spesso legate alla letteratura o alla dimensione speculativa, se non argomentativa: il tema dato dalla docente di italiano può costituire un esempio di traccia facile rispetto all’analisi e commento di un testo letterario. Esso infatti trattava, in sintesi, della figura di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo come modelli di comportamento per i giovani di oggi.

Ma per arrivare all’ultimo anno delle superiori a scrivere un buon tema, qualsiasi sia la traccia di partenza, occorre che per tutti i cinque anni i docenti di italiano abbiano dedicato un tempo adeguato alla didattica della scrittura in modo esplicito e scientificamente fondato. L’incidente di Padova in fondo ci dice proprio questo: che dobbiamo urgentemente riformare la scuola italiana.

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Marco Ricucci è professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano

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Scuola, quel tema da «1» e la didattica dell’italiano tutta da rifare ultima modifica: 2022-03-19T05:47:22+01:00 da
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