Valorizzazione professionale docenti… E ricominciare da tre?

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di Manuela Carloni,  ScuolaOggi, 30.3.2016

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Certo, la situazione nelle scuole è davvero complicata, ma il sindacato non resta con le mani in mano né si limita ad aspettare l’esito referendario.

Contribuisce giorno per giorno a far emergere quella discussione e quel confronto  con i quali abbiamo cercato fin dall’inizio di  evitare ciò che da subito è stata la nostra principale preoccupazione: un clima conflittuale e divisivo causato da un lato dall’attività autonoma di un comitato che, a causa della sua composizione, è privo delle competenze per cimentarsi su una questione così delicata come la valutazione della capacità professionale degli insegnanti; dall’altro dalla discrezionalità di un dirigente scolastico al quale la legge 107 assegna il potere di decidere chi, come e quanto pagare, caso unico nella pubblica amministrazione.

In base all’articolata piattaforma unitaria messa a punto da Flc-Cgil, Cisl Scuola, UIL Scuola, Snals e Gilda, e attraverso l’impegno delle nostre RSU, si è puntato, in primis, a far sì che sia il collegio dei docenti ad indicare al comitato di valutazione i criteri per sostenere e incentivare l’impegno dei team docenti coinvolti nei processi di innovazione didattica finalizzata al miglioramento dell’offerta formativa,  escludendo invece  il criterio della valutazione del merito legato ai risultati degli alunni.

Dov’è la differenza?

La valutazione dell’insegnante per i risultati ottenuti con gli studenti come previsto in alcuni passaggi delle lettere a) e b) del comma 129, è criterio non accettabile per le distorsioni a cui è esposto (primo fra tutti il fenomeno del “teaching to the test”).

Altrettanto fallimentare è l’attribuzione al dirigente scolastico della discrezionalità valutativa della professionalità docente: una competenza non prevista nel profilo del dirigente scolastico e che gli stessi dirigenti più obiettivi rifiutano consapevoli degli effetti divisivi e conflittuali tutti a discapito del buon funzionamento della scuola.

Nelle scuole dove dirigenti scolastici, collegi dei docenti ed RSU, hanno colto l’occasione per far emergere le attività che più di altre esprimono la professionalità docente, già comprese nel POF, finalizzate all’innovazione didattica e al miglioramento dell’offerta formativa (le attività di programmazione, ricerca-azione, sperimentazione legate anche alla formazione in servizio, a sua volta individuata a seguito della riflessione collegiale sui percorsi necessari per realizzare quel miglioramento dell’offerta formativa utile al successo scolastico di tutti) si sta giungendo ad individuare criteri per l’assegnazione del bonus premiale che potranno contribuire alla elaborazione di procedure trasparenti ed efficaci  di valorizzazione della professionalità docente.

In un momento in cui si sta operando un forte turn over di tutta la categoria e molte nuove leve sono entrate ed entreranno nelle aule, abbiamo ancora più bisogno di istituzionalizzare un comportamento di valorizzazione delle attività di riflessione su di sé, sulla propria attività didattica, in particolare di team.

Benché secondo il regolamento per l’autonomia scolastica, il Dlgs 275/98, questo sia uno dei temi centrali, purtroppo fino ad oggi possiamo affermare che si sia realizzato in maniera più sistematica quasi esclusivamente solo nella scuola primaria dove sono previste contrattualmente due ore settimanali da dedicare alla programmazione del gruppo  docente. Innovazione che ci è stato impedito di allargare agli altri ordini di scuola anche a causa del blocco del contratto nazionale di lavoro fermo al 2007.

Eppure si tratta di attività comprese tra quelle che è possibile riconoscere con la contrattazione integrativa, come ben descritto nell’art.88 del CCNL, ma che difficilmente le RSU, anche a causa delle poche risorse disponibili, (drasticamente tagliate della metà dopo la vicenda scatti di anzianità) sono riuscite fino ad oggi ad incentivare.

Senza contare che da tempo la formazione in servizio decisa dalla singola istituzione scolastica sulla base delle esigenze dei suoi insegnanti e dei suoi alunni, strumento fondamentale per  pianificare percorsi di miglioramento e innovazione didattica, è una vera e propria chimera a causa dei continui tagli alle risorse dedicate.

Di fronte alle difficoltà crescenti a cui la scuola da tempo è chiamata a rispondere gli insegnanti sono stati quasi sempre lasciati soli in condizioni operative e organizzative sempre peggiori causate, per esempio, dal taglio degli 8 miliardi legati alla “riforma” Gelmini, taglio che ha colpito pesantemente anche il personale ATA, elemento non indifferente per il buon funzionamento di tutto il sistema scolastico.

La legge 107 prevede uno stanziamento annuo di 40 milioni per la formazione in servizio, una media di circa  4700,00 euro a istituzione scolastica, più i 500,00 euro pro capite per ogni docente a tempo indeterminato. Dunque, iniziano ad esserci le condizioni per una decisione finalmente autonoma di ogni collegio dei docenti sulla propria formazione, (che può essere rivolta anche ad una sola parte del collegio all’interno di un piano per esempio pluriennale) e non necessariamente in rete (come troppo spesso si era costretti a fare per ottimizzare le poche risorse disponibili, con il risultato che solo un piccolo gruppo per ogni istituzione scolastica poteva di solito partecipare ai corsi di formazione territoriali).

Dunque, nelle scuole in cui si sta facendo questo percorso di riflessione si sta cercando di individuare criteri condivisi da indicare al comitato di valutazione in modo che il percorso di assegnazione del bonus premiale possa diventare uno strumento per sollecitare comportamenti di confronto, sperimentazione, formazione in servizio, ricerca-azione… che sono comunque in sé percorsi sicuramente più impegnativi e faticosi per chi li mette in atto e che, adeguatamente documentati anche per poter essere fruibili e fruiti dalla comunità, facilmente possono essere incentivati dal comitato di valutazione, diventando anche una spinta positiva all’emulazione e alla memoria delle tante attività di cui troppo spesso non rimane traccia.

Il problema, semmai, è la traduzione dei criteri scelti per l’individuazione delle attività da incentivare, in criteri di assegnazione e distribuzione delle risorse disponibili, in poche parole, come e quanto pagare:  secondo il sindacato decisione che dovrebbe passare dalla contrattazione, anche in coerenza con la natura di salario accessorio assegnata dalla stessa legge 107 al bonus premiale; secondo il ministero, invece, procedura contrattuale assolutamente da escludere.

Come noto, infatti, secondo la legge 107 è il DS che assegna il bonus premiale ai docenti…

Era prevedibile che il ministero, chiamato ad un confronto in merito dalle parti sociali,  avrebbe ribadito che il bonus assolutamente non si contratta provocando l’abbandono del tavolo da parte dei sindacati che hanno giustamente chiesto un chiarimento politico al Ministro Giannini?

Una cosa è certa, il Governo secondo noi ha sicuramente perso un’ occasione per attivare una contrattazione innovativa e ha preferito arroccarsi sull’applicazione rigida e letterale di una normativa ingestibile e fallimentare, con il rischio di causare forti conflitti tra componenti della stessa scuola, il che si tradurrebbe alla fine in un vero e proprio boomerang.

In ogni caso, a nostro parere, anche dopo l’intervento a gamba tesa del MIUR, il fatto che si ribadisca che sia il dirigente scolastico ad assegnare il bonus non impedisce di mettere in atto quel confronto di cui sopra. Come dire, il Dirigente Scolastico assegna ma solo alla fine di un percorso condiviso con il collegio dei docenti e con il tavolo di contrattazione integrativa che, certamente, non decide il chi, ma solo il quanto pagare. Procedura che, tra l’altro, secondo noi garantisce lo stesso il dirigente scolastico il quale, anche dalle anticipazioni che abbiamo saputo sul decreto in via di pubblicazione, per esempio dovrà evitare di distribuire a pioggia come anche di concentrare su pochi le risorse.

A questo punto del lungo e controverso lavoro di questi mesi in tante scuole si è giunti ad una elaborazione condivisa e ad un accordo nei fatti con il dirigente scolastico. Ci piacerebbe, però, riuscire a stabilire delle regole che permettessero a tutte le scuole di giungere a questo risultato in maniera trasparente e senza dover sperare nella apertura del DS il quale, alla fine, potrebbe dire, ad oggi, “faccio come mi pare”. Certo, con tutte le conseguenze del caso, perché questo dirigente scolastico dovrebbe porsi più di una domanda sulla opportunità e utilità della sua chiusura al confronto. Anche in nome di quella collegialità e di quella condivisione a cui continuamente fa appello la stessa L.107.

Ci auguriamo che il referendum, la cui raccolta firme partirà tra pochi giorni, sul quesito messo a punto proprio sul comitato di valutazione ci dia ragione ripristinando il diritto alla contrattazione anche del bonus premiale, proprio per ridare trasparenza e credibilità ad un percorso che, diversamente, rischia di fare molto male alla scuola.

O che magari il Parlamento, prima ancora di votare, si ravveda e riconosca che la discrezionalità del DS su questo punto non aggiunge qualità al percorso di valorizzazione professionale… Anzi, potrebbe esserne un enorme ostacolo.

Certo, bisognerebbe uscire da quell’atteggiamento prevenuto nei confronti del sindacato, utilizzato, io credo, anche per denigrare l’importante ruolo che svolgiamo ogni giorno per rappresentare chi lavora e studia nella scuola. Sono i fatti a dimostrare che non è vero che si tenda sempre ad assegnare il salario accessorio a pioggia, motivazione secondo la quale, a detta del sottosegretario Faraone, sarebbe meglio che il bonus premiale non passasse dalla contrattazione.

Per convincersene basterebbe analizzare le tante contrattazioni integrative di questi anni, risultato del lavoro egregio portato avanti dalle nostre Rappresentanze sindacali unitarie, insieme a tutto il tavolo di contrattazione, nel tentativo di distribuire correttamente le risorse, legandole il più possibile a criteri oggettivi utili a rappresentare i carichi di lavoro, la qualità delle responsabilità e dei risultati.

Nel frattempo come organizzazioni sindacali abbiamo anche messo a punto una riflessione più generale sulla valorizzazione professionale degli insegnanti nella prospettiva del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro perché il nostro obiettivo è quello di riportare nel naturale alveo contrattuale questa materia.

Le linee guida unitarie per il rinnovo del CCNL parlano di modalità condivise con tutti i lavoratori, perché siamo convinti che solo così anche il sistema del riconoscimento dello sviluppo professionale degli insegnanti possa funzionare.

Si tratta dunque di una proposta, quella dei sindacati, emersa anche dall’esperienza di contrattazione quasi ventennale sperimentata insieme alle nostre RSU.

Noi chiederemo con forza che se ne tenga conto in sede di rinnovo del contratto nazionale, affinché si arresti quella tendenza alla rilegificazione del rapporto di lavoro che si è già dimostrata inutilmente rigida e foriera di incomprensioni. Mentre siamo sempre più convinti che proprio lo strumento della contrattazione, per le sue caratteristiche di flessibilità e adattabilità alle sperimentazioni, rimanga la strada migliore, in particolare proprio quando si devono affrontare temi delicati e così fortemente dibattuti da anni come quello della carriera professionale del corpo docente.

Il problema vero, alla fine, è che in questo paese chi pensa di innovare non tiene mai conto della strada percorsa fino a quel momento, in una tendenza a ricominciare sempre da zero che, oltre ad una perdita di tempo, è alla fine anche poco intelligente.

Mentre basterebbe, come direbbe Massimo Troisi, qualche volta ricominciare da tre.

Valorizzazione professionale docenti… E ricominciare da tre? ultima modifica: 2016-03-31T05:34:26+02:00 da
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