di Katjuscia Pitino, Orizzonte Scuola, 20.10.2017
– L’esame del dispositivo della votazione segreta nell’ambito degli organi collegiali scolastici potrebbe prendere spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 15 luglio 2011, n.15618 che ha deciso su un ricorso depositato presso il Tribunale di Locri quale giudice del lavoro, alla fine dell’anno duemila.
Con la summenzionata sentenza il ricorrente si è visto accogliere dai giudici come fondato uno dei motivi del contendere ossia l’inopportuna applicazione della votazione segreta qualora sussista in capo all’Amministrazione l’obbligo di motivazione. In effetti la vicenda riguardava l’assegnazione delle funzioni obiettivo, ad oggi divenute funzioni strumentali, le quali erano state deliberate appunto con votazione segreta, risultando carenti della “motivazione in ordine alle ragioni per cui dei tre docenti, aspiranti all’affidamento delle funzioni obiettivo, due fossero da preferire alla ricorrente”.
A dire del collegio, nel caso specifico dell’attribuzione delle funzioni strumentali, la votazione segreta non soddisfaceva il principio della motivazione: “il criterio della votazione segreta è di per sé incompatibile con un obbligo contrattuale di adeguata motivazione della scelta datoriale”, “tale obbligo di motivazione secondo la ricorrente è stato violato perché il collegio dei docenti ha deliberato con una votazione segreta, modalità questa che la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato ritiene inconciliabile col principio di motivata valutazione comparativa degli aspiranti alla assegnazione della funzione obiettivo”.
Prima di questo pronunciamento il Consiglio di Stato, sez. 2, sentenza n.29 del 24 gennaio 2001, richiamata esplicitamente all’interno della sentenza della Cassazione n.15618 “aveva affermato in proposito che il procedimento di designazione dei docenti responsabili delle funzioni obiettivo non può concretarsi in una elezione segreta poiché questa non è idonea a far conoscere il processo logico valutativo con il quale si è pervenuti alla scelta dell’oggetto eletto”. Difatti, nel caso delle funzioni strumentali ex art.33 comma 2 del CCNL vigente, è espressamente detto che esse “sono identificate con delibera del collegio dei docenti in coerenza con il piano dell’offerta formativa che, contestualmente, ne definisce criteri di attribuzione, numero e destinatari”, pertanto la definizione di tali principi comporta, in fase di assegnazione, una valutazione logico-comparativa da parte dell’organo che li ha stabiliti ed una motivazione che renda conto delle ragioni della scelta.
L’obbligo di motivazione è il perno della questione che, nei casi sopracitati, esclude a priori l’utilizzo del dispositivo della votazione segreta. In buona sostanza tale prassi deriverebbe dall’art.3 della Legge n.241 del 1990 il quale prevede che ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, sia motivato; la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
La sentenza n. 15618 si relaziona in modo preciso a tale assunto, concludendosi con l’enunciazione del seguente principio di diritto: “nel rapporto di impiego pubblico contrattualizzato l’Amministrazione datrice di lavoro è tenuta al rispetto dell’obbligo di correttezza e buona fede, che può specificarsi anche in regole procedimentali poste dalla contrattazione collettiva sia di comparto che integrativa, quali nella specie l’obbligo di motivazione della scelta del collegio dei docenti quanto all’assegnazione delle funzioni obiettivo ai docenti della scuola pubblica, obbligo non soddisfatto dal mero esito di una votazione segreta; la violazione di tale obbligo può essere denunciato dal dipendente senza che su di esso gravi anche l’onere di provare che le determinazioni dell’amministrazione, ove fossero state rispettose di tali regole procedimentali, sarebbero state a lui favorevoli”.
Negli organi collegiali scolastici la votazione segreta trova un puntuale riscontro nel comma 4 dell’art.37 del D.Lgs. 297 del 1994, ove sta scritto che “la votazione è segreta solo quando si faccia questione di persone” ; va da sé che negli altri casi non verrebbero rispettati i principi di trasparenza ed imparzialità della Pubblica Amministrazione in ordine alle scelte o designazioni effettuate. Si ricorre pertanto alla votazione palese che si ispira ai principi anzidetti. A quest’ultima si aggiunga un’altra forma di votazione che è possibile adottare in taluni casi ossia quella tacita o implicita che si realizza tutte le volte che le componenti dell’organo, dopo la discussione di una proposta, invitati dal presidente ad intervenire per eventuali obiezioni, rimangono silenti non facendo rilevare alcuna constatazione. Il Consiglio di Stato in una sentenza risalente agli anni settanta ha espresso che “il silenzio in tal caso ha il valore giuridico di assenso e la proposta si intende approvata all’unanimità; peraltro, nel caso che anche uno dei membri manifesti il proprio dissenso tale principio non può trovare applicazione e sulle opposte tesi deve procedersi a votazione formale”(n.120/1972).
Lo strumento dello scrutinio segreto dovrebbe adottarsi stricto sensu tutte le volte che ai componenti di un organo collegiale è richiesto l’esercizio di un’attività discrezionale concernente apprezzamenti o giudizi sulle qualità di una persona.
Qualora però il dispositivo trovi l’uso in circostanze riguardanti persone per le quali è necessario esprimere una votazione, nulla vieta il principio che i membri del collegio possano discostarsi dalla segretezza del voto, esternando in modo palese il loro pensiero; le manifestazioni aperte di giudizio non inficiano la delibera (cfr. Consiglio di Stato – Sez.V n.146 del 1970).
Tant’è che la sentenza del Consiglio di Stato del 27 marzo 2002, n.1748 avente ad oggetto la segretezza del voto, in una questione riguardante un procedimento disciplinare, si è orientata proprio sul fatto che tale procedura potrebbe non trovare applicazione: “la segretezza del voto sulle questioni concernenti persone (…) costituisce è vero, principio generale preordinato all’attuazione del precetto fondamentale della obiettività ed imparzialità dell’azione amministrativa, con particolare riguardo a materie nelle quali la riservatezza della espressione del voto è garanzia di indipendenza funzionale dei singoli componenti gli organi collegiali (Consiglio di Stato, VI Sez., 21 ottobre 1980 n.886). E’ altresì vero, però, che siffatto principio non può trovare applicazione nel caso in esame atteso che le opinioni espresse dai singoli componenti la Commissione provinciale di disciplina costituiscono esplicazione delle ragioni addotte, per suffragare il contenuto della motivazione (…). La votazione costituisce, infatti, strumento di manifestazione finale della volontà del collegio, quale, è maturato attraverso l’enunciazione degli elementi di valutazione e comparazione degli interessi che formano oggetto della discussione, preordinata al confronto delle posizione dei singoli membri per una più ponderata deliberazione”. Siffatta tesi si collegherebbe con il principio di trasparenza ed imparzialità della P.A. e con l’assunto che qualsiasi scelta o decisione, operata da un organo collegiale esige una motivazione espressa dalla quale deve risultare il processo logico-valutativo ossia tutti gli “elementi di valutazione e comparazione degli interessi”; perché come affermato nella stessa sentenza “nel compendio di tali elementi si sostanzia, come sopra accennato, la motivazione dell’atto deliberativo collegiale, della quale costituisce documentazione tipica il verbale redatto nei modi di legge”.
La segretezza del voto così come stabilita nell’art.37 del D.Lgs. n.297 del 1994 a rigor di logica dovrebbe trovare applicazione ad esempio nelle questioni concernenti quanto previsto nell’art.468 dello stesso decreto, rubricato “trasferimento per incompatibilità ambientale”; detto articolo è stato modificato dall’art. 2, comma 1, lett. c), D.L. 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2007, n. 176. Nel primo comma è sancito che in caso di incompatibilità ambientale, “se ricorrono ragioni di particolare urgenza, può essere nel frattempo disposta la sola sospensione dal servizio da parte del dirigente scolastico, sentito il collegio dei docenti, se trattasi di personale docente ed educativo”. Poiché nella fattispecie è richiesto un giudizio discrezionale da parte dell’organo collegiale che deve configurarsi in un apprezzamento relativo ad una persona, lo scrutinio segreto è endemico al presupposto in oggetto ossia quello di decidere se esistano le ragioni di fatto affinché un docente sia trasferito dalla scuola di titolarità. In questa circostanza, tuttavia, la segretezza del voto che assicura la serenità ai componenti dell’organo, chiamati ad esprimersi, richiede di trovare un compensazione anche nella motivazione dell’azione amministrativa per cui si sta agendo. Ritorna quindi il principio ineludibile di motivare il provvedimento.
Si desume così che il dispositivo della segretezza del voto deve poter trovare un nesso con la motivazione richiesta alla P.A., a tutela delle posizioni soggettive coinvolte. Dunque tale segretezza non esclude aprioristicamente che ci sia una esternazione degli elementi oggettivi che hanno determinato una particolare decisione.
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Votazione segreta negli organi collegiali scolastici e obbligo di motivazione del provvedimento ultima modifica: 2017-10-22T16:39:45+02:00 da