di Roberta Cocco, Agenda digitale, 10.2.2023.
Può un tool digitale come ChatGPT annullare secoli di tradizione di apprendimento scolastico? Come faremo a “salvare” i giovani dalla dipendenza da sistemi? E gli insegnanti cosa dovranno insegnare e cosa dovranno sapere per insegnare correttamente? Sono tutte domande legittime, ma non si risolve demonizzando le tecnologie
Ogni tecnologia porta in sé elementi di disruption che aprono dibattiti contro o a favore, ma quello che sta scatenando ChatGPT è davvero una riflessione che potremmo definire filosofica, soprattutto in riferimento all’impatto che questa tecnologia potrebbe avere sulla scuola
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Il mondo della scuola destabilizzato da ChatGPT
A memoria non si ricorda un’innovazione che in così pochi mesi – ChatGPT è infatti disponibile dal novembre 2022 – abbia diviso o forse anche spaventato, l’opinione pubblica.
La capacità di questo chatbot basato sull’intelligenza artificiale è quella di generare testi complessi virtualmente su ogni tema dello scibile umano, mettendo in campo una potenza enorme nell’elaborazione dei dati e connessioni cognitive e semantiche senza precedenti.
Gli si può chiedere di scrivere un articolo, una poesia ma anche di richiamare nozioni o proporre approfondimenti su temi complessi. Le sue risposte sono sensate e molto pertinenti. Attività che oltre a sollevare un interesse scientifico hanno iniziato a destabilizzare la scuola, la principale istituzione formativa e di condivisione del sapere: la capacità di ChatGPT di generare testi complessi, come ha fatto notare tra gli altri, Stephen March su The Atlantic, potrebbe decretare la fine della scrittura dei temi: “il saggio è stato il centro della pedagogia umanistica per generazioni. È il modo in cui insegniamo ai bambini a ricercare, pensare e scrivere. L’intera tradizione sta per essere stravolta dalle fondamenta”. È noto come alcune scuole pubbliche di New York si siano già schierate bloccando il chatbot.
Se il docente è meglio valorizzato diventa punto di riferimento formativo
Ma può davvero un tool digitale annullare secoli di tradizione di apprendimento scolastico? Come faremo a “salvare” i giovani dal divenire dipendenti da questi sistemi? E gli insegnanti cosa dovranno insegnare e cosa dovranno “sapere” per insegnare correttamente? Tutte domande legittime che però lasciano aperta la questione.
Come docente universitario mi sento coinvolta in questa riflessione e da una parte penso che potenziare ancora di più la digital literacy e aiutare gli insegnanti a vedere i benefici delle nuove tecnologie, anziché demonizzarle, può rappresentare una strada; dall’altra sono convinta che bisogna insegnare ai ragazzi che è necessario scegliere consapevolmente quando rinunciare ai vantaggi degli strumenti tecnologici per potersi invece concentrare sullo sviluppo delle proprie competenze (di ricerca, di scrittura, in breve di pensiero).
E forse andrebbe anche ripensato il modello scolastico per valorizzare di più il ruolo del docente, mettendolo nelle condizioni di essere un punto di riferimento soprattutto formativo e non solo nozionistico.
Per chi come me ha visto la nascita di Internet, questa tecnologia – seppure infinitamente più potente – può sembrare un deja vu. Con l’avvento dei motori di ricerca trovare un riassunto già fatto, un tema già scritto, una traduzione dal latino o dal greco è diventato alla portata di tutti ma non per questo i nostri ragazzi si sono appiattiti sulla copiatura.
Cosa deve fare la scuola per non perdere terreno di fronte a ChatGPT
Lo spirito critico è una chiave di lettura per accogliere in modo produttivo questa nuova tecnologia e la scuola in questo deve essere trainante. Formare le giovani menti con la cultura è il vero ruolo della scuola come sancito dalla nostra Costituzione, la didattica invece può e deve avvalersi di strumenti moderni che facilitano l’insegnamento e l’apprendimento.
È comprensibile che a preoccupare – anche in altri settori di produzione del sapere – sia il plagio, ma in fin dei conti, perfino scrivere come Leopardi o Manzoni non significa esserlo. Il bagaglio di uno studente è fatto di nozioni, riflessioni, sentimenti, emozioni e esperienze fatte con compagni e insegnanti e questo ChatGPT per fortuna non lo sa fare.
Ancora una volta, insomma, la sfida per il mondo della formazione è confrontarsi con le potenzialità inedite offerte dall’accelerazione digitale – in questo caso, l’intelligenza artificiale – e aprire nuovi cantieri per integrare gli strumenti tecnologici a servizio dei percorsi didattici, i cui protagonisti restano, non va mai dimenticato, ragazze e ragazzi.
Già la Commissione Europea nel Digital Education Action Plan (2021-2027) del 2020 aveva iniziato a porre le basi per una riflessione approfondita sull’integrazione profonda del digitale nel mondo della scuola puntando sulla formazione e orientamento dei docenti e dei dirigenti scolastici. Alla base del documento la profonda convinzione che un’istruzione digitale europea di alta qualità, inclusiva e accessibile sia il prerequisito fondamentale per i cittadini di domani. Un approccio senz’altro positivo ma non privo di considerazioni etiche, sintetizzate recentemente nelle linee guida sull’uso dell’intelligenza artificiale (AI) nell’istruzione di recente pubblicazione. Particolarmente interessante è l’esame dell’impatto sui minori sul fronte del diritto, su cui molte organizzazioni per l’infanzia – come Unicef o Telefono Azzurro – si stanno interrogando. Fornire requisiti e raccomandazioni nel disegno di politiche e prassi di intelligenza artificiale significa rendere disponibili strumenti sicuri e rispettosi dei diritti di tutti e in particolare dei giovani.
Conclusioni
Per portare a termine questo compito – per nulla semplice e scontato – e far sì che le azioni di supporto siano efficaci, servono riflessioni profonde e interdisciplinari sull’impatto del digitale sulla vita di bambini e ragazzi, stabilendo processi rapidi e osservatori permanenti delle offerte emergenti e delle risposte da parte degli utenti. Tutto ciò non può prescindere da una conoscenza approfondita di questi strumenti. Per questo un uso consapevole dell’intelligenza digitale non deve, a mio avviso, rimanere patrimonio degli specialisti ma entrare nei diversi campi applicativi, in modo che siano gli utilizzatori stessi ad interagire con questa tecnologia, definirne l’uso, comprenderne i limiti e i confini e trarne reale vantaggio.
Il digitale ha sempre favorito la democraticità del sapere ma è imprescindibile un’azione di accompagnamento da parte degli adulti, educatori e genitori, non tanto per censurare o esaltare, quanto per condividere entusiasmo e al tempo stesso essere consapevoli dei rischi di questi nuovi e potentissimi strumenti. E poterli utilizzare al meglio.
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Roberta Cocco è esperta di Trasformazione Digitale ed Empowerment femminile e Docente universitaria
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ChatGPT, ripensare la Scuola ultima modifica: 2023-02-10T14:18:42+01:00 da