di Valentina Santarpia, Il Corriere della sera, 19.10.2019
– Ogni istituto assegna compiti diversi a docenti e bidelli ma c’è solo un collaboratore scolastico ogni 60 studenti. Vecchi e su più piani, meno del 50% degli edifici è sicuro.
Meno del 50% delle scuole italiane è realmente sicura. Lo dicono i rapporti di Legambiente e Cittadinanzattiva, lo conferma il presidente dell’associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, che per fare il punto sugli edifici scolastici parte da una considerazione: «In Italia gran parte degli istituti è vetusta: hanno strutturalmente elementi che mettono a rischio la sicurezza di docenti e studenti. Sono datati, costruiti con canoni poco moderni. Se ad esempio la scuola di Milano dove è caduto il bambino non fosse stata vecchia, non avrebbe mai ospitato a un terzo piano studenti così piccoli. Le scuole dovrebbero essere tutte a piano terra, soprattutto quelle dell’infanzia e le primarie». Detto ciò, per un dirigente scolastico affrontare il tema della sicurezza è uno degli impegni più gravosi, tanto più che è personalmente responsabile, anche penalmente, di cosa succede, e deve barcamenarsi tra certificazioni e controlli. Ma ci sono alcuni punti fermi che fanno da linee guida.
I rischi e i controlli
Le scuole sono classificate come ambienti di lavoro e devono sottostare alla normativa per la prevenzione degli infortuni, in base al decreto legislativo 81, che prevede che il responsabile della struttura rediga un documento di valutazione dei rischi. Nel caso degli edifici scolastici è il preside a compilarlo, in collaborazione con il responsabile della prevenzione e protezione. «In teoria questo documento dovrebbe esaminare tutti i rischi, ma può essere molto difficile identificarli», spiega Giannelli. «L’unico a conoscere veramente l’edificio è il tecnico dell’ente locale che è proprietario dell’istituto, ma che non è coinvolto. Responsabili di questo documento siamo noi presidi, che non siamo in grado di valutare: abbiamo già chiesto un incontro al viceministro Anna Ascani per la prossima settimana per modificare questa stortura». Anche il responsabile della prevenzione e protezione non è un esperto: spesso si tratta di tecnici che, con corsi di formazione di poche ore, possono avere la qualifica. In ogni caso, il documento deve identificare i rischi e chi deve vigilare. Se ci sono uscite di sicurezza i bidelli dovrebbero controllare ogni mattina che si aprano correttamente i maniglioni antipanico. Dove ci sono laboratori che i macchinari siano in sicurezza, che non ci siano sostanze chimiche pericolose alla portata di tutti, che le apparecchiature siano funzionanti. Se ci sono scale con balaustre basse o finestre pericolanti o controsoffitti con crepe, il preside deve chiedere che l’ente intervenga, ma intanto deve fare in modo che il personale sorvegli su questi elementi.
Il personale
Sono due le figure chiave della vigilanza a scuola: insegnanti e collaboratori scolastici, i cosiddetti bidelli. «Ogni anno il dirigente scolastico emana una circolare nella quale elenca i compiti di sorveglianza a cui sono sottoposti in base all’articolo 2048 del codice civile e al decreto 81», spiega Andrea Di Mario, preside al liceo Carducci di Milano. «In linea teorica lo studente deve essere sempre vigilato, da quando varca il portone di scuola al momento in cui esce: la circolare serve a chiarire tutte le regole che devono seguire insegnanti e collaboratori perché questa vigilanza non venga mai meno. È un obbligo contrattuale, che vale sempre, dalla palestra alla ricreazione». Ma a volte il personale non basta. Sono circa 130 mila i collaboratori scolastici in Italia, circa uno ogni 60 alunni. «Dovrebbero essere almeno 30 mila in più, se non ci fosse stata la spending review», rileva Giannelli. E a volte «ci sono gli incidenti», conclude Di Mario. «Quelli sono il nostro incubo, perché vorremmo prevenirli e non sempre è possibile».
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