TuttoscuolaNews, n. 1051 del 3.10.2022.
Sulla politica scolastica poche certezze (tranne una).
Gli analisti politici si sono impegnati, nel corso della settimana, nella interpretazione del voto del 25 settembre, che ha visto il rilevante successo di Fratelli d’Italia come partito ma soprattutto quello personale di Giorgia Meloni come leader emergente della coalizione di Centrodestra (o di Destracentro, come qualche commentatore propone). FdI da solo ha preso molti più voti della somma dei voti ricevuti dalla Lega e da Forza Italia, e questo ne fa il baricentro della coalizione, caricando questo partito e Giorgia Meloni della responsabilità di formare e guidare il governo nella difficilissima fase che il Paese sta attraversando.
È probabilmente la consapevolezza di ciò ad aver indotto la stravincente Meloni alla massima cautela, fino al punto di frenare, quasi vietare, l’esultanza dei suoi supporter e da inviare a livello nazionale e internazionale messaggi rassicuranti, all’insegna della prudenza e per alcuni aspetti (a partire dalla politica estera) di continuità con la linea del governo Draghi.
Non sarà facile, per la leader di FdI, soddisfare le aspettative dei partner di governo, soprattutto quelle della Lega, che dopo la pesante sconfitta elettorale di Matteo Salvini (assai più grave di quella dell’ottantaseienne Berlusconi) ha bisogno di recuperare spazio e visibilità almeno a livello della compagine ministeriale. Vedremo se, e in che modo, la premier in pectore Meloni saprà venire incontro a tali aspettative, e a quelle dei tanti pretendenti a un posto nel nuovo governo: anche su questo piano si misurerà la solidità della sua leadership nella coalizione. Per ora parla di scelta di “squadra di alto livello che non vi deluderà”. Per il difficile Ministero dell’istruzione ciò significa che verrà individuata qualche personalità che già conosce bene questo mondo?
Per quanto riguarda gli indirizzi politici nei diversi settori (le policies) la presidente di FdI può ricavare un certo vantaggio dal fatto che il programma della coalizione, a differenza di quello dei singoli partiti che la compongono, è abbastanza generico, tanto da consentire a chi guida il governo ampi margini di interpretazione e di mediazione, come si vede bene nel caso della politica scolastica, che esaminiamo nella notizia successiva.
Come già abbiamo osservato nella presentazione dei diversi programmi, quello del Centrodestra, intitolato “Per l’Italia. Accordo quadro di programma per un governo di centrodestra”, è particolarmente stringato, fatto più di flash e linee di indirizzo generale che di proposte dettagliate e vincolanti. Questo vale in generale e forse ancora di più per la politica scolastica (per le scelte concrete molto dipenderà da chi farà il ministro), tranne che in un caso, quello dell’utilizzo del buono scuola come strumento da utilizzare per garantire la libertà di scelta della scuola da parte dei genitori (“Riconoscere la libertà di scelta educativa delle famiglie attraverso il buono scuola“).
Quello della libertà di scelta educativa è un punto sul quale si è registrata nella legislatura appena conclusa una convergenza parlamentare ampia, mai sfociata però in un accordo politico di governo anche per l’ostilità del Movimento 5 Stelle, di Sinistra italiana e di una parte del Partito Democratico.
Ora non dovrebbero più esserci ostacoli per il buono scuola, anche perché, sia pure con formule più sfumate (rimborsi fiscali, costo standard, convenzioni), anche il Terzo Polo e il Partito Democratico si erano espressi in campagna elettorale in favore della libertà di scelta.
Esulta suor Anna Monia Alfieri, che per tutta la precedente legislatura si era battuta per l’introduzione del “costo standard” come criterio per il finanziamento di tutto il sistema scolastico pubblico, comprese le scuole paritarie. Riprendendo un intervento del cardinale Zuppi, presidente della CEI, sulla necessità di combattere la dispersione scolastica al Sud, Alfieri afferma che alle radici del fenomeno sta “un sistema scolastico classista, regionalista e discriminatorio frutto di anni di ‘idiozia culturale’. In questi ultimi 30 anni mentre in Europa si favoriva il pluralismo educativo in Italia si picconava la scuola pubblica paritaria … Ne vediamo gli effetti: dispersione scolastica, divario culturale fra il Nord e il Sud e peggio il monopolio educativo (premessa del regime). Durante il Governo di unità Nazionale abbiamo fatto passi importanti. Ora il Governo e il Parlamento (…) possono favorire un Sistema scolastico pluralista e libero attraverso la Libertà di scelta educativa“.
Può darsi che questa sia una scelta (politicamente) necessaria per combattere il divario culturale Nord-Sud, ma di certo non è sufficiente. E’ vero però che l’emorragia che ha colpito la scuola paritaria (negli ultimi dieci anni ha perso 3 studenti su 10, come ha raccontato Tuttoscuola) indebolisce l’intero sistema educativo nazionale.
Libertà di scelta educativa e buono scuola. Presto realtà?
La coalizione di centro-destra ha incluso tra gli obiettivi per l’istruzione il riconoscimento della libertà di scelta educativa delle famiglie attraverso il buono scuola.
FdI, oltre a condividere l’obiettivo, ha precisato l’impegno a tutelare le scuole paritarie e la libertà di scelta educativa delle famiglie, anche attraverso l’introduzione di voucher da poter spendere liberamente nelle diverse strutture scolastiche.
Anche Azione nel suo programma elettorale ha sostenuto la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, ma ha anche qualificato la sua proposta, prevedendo che sia lo Stato a individuare innanzitutto standard di qualità per definire un’offerta qualitativamente uniforme e quantitativamente omogenea su tutto il territorio nazionale.
Per Azione sono possibili diversi strumenti per favorire la scelta educativa delle famiglie: buono scuola, rimborsi fiscali, costo standard, ecc. D’altronde anche il PD ha scritto nel programma: “Definire il costo standard di sostenibilità anche per promuovere il pluralismo educativo e una migliore offerta formativa per il diritto allo studio”.
Ma lo sappiamo: ben più del riconoscimento del merito degli insegnanti e della loro carriera professionale; ben più della stabilizzazione del personale docente precario; ben più dell’aggiornamento del personale insegnante, la libertà di scelta educativa con conseguente valorizzazione anche della scuola paritaria, può diventare motivo di divergenza ideologica e di scontro politico.
Eppure, pochi anni fa il Consiglio di Stato si è espresso a favore, con la sentenza 5739 – 2019, stabilendo che: “La pluralità dell’offerta formativa è tale solo se i destinatari sono realmente posti in condizione di accedere ai percorsi scolastici offerti (anche) dalle scuole private, perché solo in tal modo si tutela la libertà di scelta e si assicura la pari opportunità di accesso ai percorsi offerti dalle scuole non statali”.