Il merito a scuola supera l’esame: otto italiani su dieci lo promuovono

di Ilvo Diamanti, la Repubblica, 28.11.2022.

Gli intervistati pensano che il principio abbia effetti positivi sulla preparazione dei docenti e sulla formazione dei giovani.

Gilda Venezia

L’uso delle parole è importante. Perché le “parole” non servono solo a “definire” la realtà. Talora la “producono” e “riproducono”. Per questo non deve sorprendere la polemica sorta, negli ultimi giorni, intorno al “merito”. Parola utilizzata per integrare la definizione del “Ministero dell’Istruzione”, divenuto “Ministero dell’Istruzione e del Merito”, per decisione del governo e del Ministro, Giuseppe Valditara.

Il Ministero, quindi, ha cambiato “nome”, puntando sul “merito”, sollevando dibattito e discussione in ambito “politico”. Peraltro, non è la prima volta che questo Ministero cambia nome, insieme alla sua “struttura”. In passato, infatti, si chiamava MIUR: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Dopo la separazione dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), è divenuto MIR. Oggi si “ri-nomina” nuovamente e diviene MIM: Ministero dell’Istruzione e del Merito, per sottolineare l’importanza del “Merito” nella Scuola. Sollevando un problema “politico”. Fra il “governo” e i partiti di “opposizione”, che hanno associato il significato del “merito” a “disuguaglianza”.

In realtà, in un sondaggio condotto da Demos alcuni mesi fa (lo scorso maggio), le “diseguaglianze” venivano considerate “utili, qualora riconoscano i diversi meriti individuali”.

Per questo è importante ragionare sul significato attribuito alle parole dai “cittadini”, oltre (e prima) che dai “leader politici”. A questo fine, possiamo fare riferimento a un sondaggio condotto da Demos nelle scorse settimane. Dal quale emergono alcune indicazioni chiare. E condivise. E, al tempo stesso, alcune differenze “significative”. Sulle quali è importante soffermarsi.

Il principio del “merito nella scuola” suscita reazioni favorevoli presso gran parte degli intervistati. In effetti, 7 intervistati su 10 – e oltre, in alcuni casi – pensano che abbia effetti positivi sulla preparazione degli insegnanti (74%), sulla connessione tra scuola e lavoro (73%) e sulla formazione degli studenti (70%).

In misura minore, ma largamente maggioritaria (63%), anche riguardo alla giustizia sociale. D’altra parte, oltre 8 persone su 10 ritengono che applicare il principio del merito significhi “consentire a chi ottiene buoni risultati di avere maggiori opportunità nella vita, indipendentemente dalla famiglia di provenienza”. Un’opinione che appare meno condivisa soprattutto fra i principali destinatari di queste iniziative. I giovani. In particolare, gli studenti. Oltre un terzo dei quali (il 37%), pensa che sostenere il merito possa “favorire chi ha maggiori mezzi perché proviene da famiglie più ricche, riproducendo le disuguaglianze sociali”.

Questo orientamento si ripropone di fronte alla decisione del governo di co-intitolare “al Merito” il Ministero dell’Istruzione. Una scelta che suscita perplessità, fra gli italiani. Infatti, incontra il consenso fra il 48% degli intervistati. Un dato che si restringe, nuovamente, fra i più giovani (34%) e gli studenti (32%).

D’altronde, gli studenti sono, da sempre, una componente attiva nel mobilitarsi a sostegno dei diritti non solo dei giovani, ma della società.

La questione “ministeriale”, tuttavia, attraversa e divide gli italiani soprattutto sul piano delle preferenze politiche. La distanza fra gli elettori della maggioranza di governo e dell’opposizione, quando si affronta la ri-definizione del Ministero dell’Istruzione con l’aggiunta del Merito, appare ampia ed evidente. Raggiunge, infatti, il massimo grado di approvazione fra gli elettori della Lega (83%) e dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ma è molto elevata anche nella base di Forza Italia. Mentre scende sensibilmente tra chi vota per il Pd e, ancor più, il M5S.

Questo aspetto contribuisce a chiarire e ribadire come la questione del “merito” sia in-definita. Abbia un significato incerto. Volatile. Che cambia in base alla diversa prospettiva e posizione da cui si osserva e “valuta”. Perché ciò che “merita” attenzione per alcuni di noi può, al contrario, essere “svalutata” da altri. E il giudizio può cambiare nel tempo. Insieme alle scelte dei diversi attori politici e sociali. Ai nostri interessi, alle nostre opinioni e passioni. A maggior ragione, nel caso della scuola. Perché è fra le organizzazioni e istituzioni più importanti e apprezzate, nel nostro Paese. Nel XXIV Rapporto annuale di Demos su “Gli italiani e lo Stato”, pubblicato (su Repubblica e l’Espresso) nel dicembre 2021, il grado di fiducia nei suoi confronti sfiorava il 60%: 3 punti in più rispetto a 10 anni prima. E 5 rispetto al 2019. Anche per questa “ragione” è importante “ragionare” intorno al “merito nella scuola”. Perché significa riflettere sul futuro dei nostri giovani. E, quindi, sul “nostro” futuro. Che va “oltre il merito”.

 

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Il merito a scuola supera l’esame: otto italiani su dieci lo promuovono ultima modifica: 2022-11-28T05:28:18+01:00 da
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