Il Gruppo di Firenze, 3.11.2017
– Pubblichiamo la lettera da noi inviata l’altro ieri alla Ministra dell’Istruzione, a commento di un corsivo di Massimo Gramellini sul grave affronto a un’insegnate messo in atto a Mirandola. Da decenni, con rarissimi momenti di resipiscenza, il ministero diffonde e spesso impone una pedagogia del dialogo a tutti i costi, mentre scredita e limita ben al di sotto della sufficienza le sanzioni, che sarebbero in quest’ottica l’opposto dell’educazione (è recente l’abolizione della bocciatura per cattiva condotta). Buona parte dei dirigenti – e comprensibilmente non pochi colleghi – si sono adattati a questa ideologia totalmente contraria all’interesse educativo dei giovani. Nessuna meraviglia, quindi, che episodi vergognosi di questo tipo siano da tempo frequentissimi e che, anche quando non si arriva a tanto, il rispetto delle regole più ovvie richieda spesso fatica e perdite di tempo a non finire.
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Gentile ministra Fedeli,
sul “Corriere della Sera” di stamani Massimo Gramellini racconta – desolatamente – un episodio, uno tra i tanti che non arrivano sui giornali, verificatosi in una classe della scuola italiana: uno studente ha tirato il cestino dei rifiuti in testa all’insegnante in cattedra, che non ha reagito, neppure alzando la testa. Certo perché sapeva che nella sua scuola, come in tantissime altre, non si punisce chi si comporta male. E come lapidariamente scrisse Leonardo da Vinci: “Chi non punisce il male, comanda che si faccia”. Un’infinità di colleghi sono costretti a non reagire (o lo fanno senza risultati) nella scuola dei condoni educativi, parte della società dei condoni di ogni tipo. Aggrava la posizione del tiratore il fatto che si sia accordato con un compagno perché filmasse tutto col cellulare per poi diffonderlo in rete. Il che dovrebbe anche suggerire un’ulteriore riflessione sull’opportunità di sdoganare gli smartphone come strumenti didattici.
Con la decisione di abolire il voto di condotta e quindi la possibilità di bocciare – come extrema ratio – chi ripetutamente e gravemente abbia violato le regole della convivenza civile, è stato mandato agli studenti un messaggio che suona promessa di impunità. A poco serviranno, in assenza di chiari paletti di fronte alla maleducazione e al teppismo, i piani nazionali per insegnare il rispetto reciproco, che viene ampiamente già insegnato da tutti i colleghi. Per parte nostra non ci stancheremo di ripetere che non c’è sistema educativo che possa fare sempre a meno di sanzioni proporzionate alla gravità dei comportamenti. E non c’è scuola che possa funzionare senza disciplina, come più volte ha sottolineato l’Ocse.
Mi permetto di inviarle in allegato, insieme al Caffé di Gramellini, un mio recente intervento sull’argomento.
Giorgio Ragazzini
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Il tiro all’insegnante, logica conseguenza della pedagogia ministeriale ultima modifica: 2017-11-03T18:52:08+01:00 da