Le classi pollaio possono aspettare

Il Corriere della sera, 20.10.2021.

Il governo conta sul calo demografico dei prossimi 15 anni.

Il ministro Bianchi ha definito la questione «una priorità assoluta», ma al momento non è alle viste una riforma della legge che fissa il numero minimo e massimo di studenti per classe.

Gilda Venezia

Tira una brutta aria per quella che fino a qualche giorno fa Patrizio Bianchi definiva una «priorità assoluta» del suo dicastero: mettere mano una volta per tutte all’emergenza «classi pollaio», anche se il ministro preferisce semmai parlare di classi sovraffollate. Secondo i calcoli «millimetrici» di Viale Trastevere (sic), rappresentano il 2,9 per cento del totale e sono concentrate soprattutto negli istituti tecnici delle grandi metropoli (ma anche nei licei e, come non si stancano di denunciare i presidi, pure negli altri livelli scolastici, scuole dell’infanzia in testa). «Tecnicamente – ha spiegato il ministro Bianchi durante un question time alla Camera un paio di settimane fa – la classe è considerata sovraffollata quando il numero degli alunni è al di sopra dei 27. Le riforme legate al Pnrr, su cui stiamo lavorando, definiranno non solo e non tanto il numero di alunni ma un vero e proprio equilibrio da raggiungere in ogni classe. La questione va affrontata strutturalmente. Il tema è importante, per me questa è una priorità assoluta». Finora però l’unico intervento fatto ha riguardato il finanziamento di interventi di edilizia leggera per allargare le aule o affittare nuovi spazi soprattutto in un’ottica di prevenzione del contagio: 270 milioni di euro che il ministero ha dato agli Enti locali e che sono stati distribuito sulla base del numero degli alunni e dell’affollamento delle classi.

Ma il problema delle «classi sovrannumerarie» non c’entra con l’emergenza sanitaria: è annoso e non c’è ministro che non se ne sia fatto carico, salvo poi lasciare tutto com’era. L’ultima a dare battaglia era stata Lucia Azzolina quand’era ancora una semplice deputata grillina con una proposta di legge che puntava a ridurre il numero massimo di alunni per classe a 22. Diventata ministra però ha dovuto arrendersi al fatto che l’obiettivo, almeno per il governo Conte, era troppo ambizioso economicamente visto che l’aumento di organico necessario a regime avrebbe comportato una spesa di oltre 2 miliardi l’anno. Ora però che sono in arrivo quasi 20 miliardi dal Pnrr , si potrebbe immaginare di rimettere mano alla legge Gelmini che a suo tempo fissò il numero minimo e massimo di alunni dalle scuole d’infanzia alle superiori in una logica draconiana di contenimento della spesa (18-29 per le scuole materne, 15-27 per le elementari, 18-28 per le medie e minimo 27 massimo 30 per le superiori). E visto che il problema, come ha riconosciuto lo stesso ministro Bianchi, è concentrato soprattutto nelle scuole superiori delle grandi città, provare almeno a intervenire sulle classi prime di licei e istituti tecnici e professionali spesso stipate all’inverosimile. Il Pnrr però non fa cenno a questa possibilità ma parla di un generico, quanto fumoso, «superamento dell’identità tra classe demografica e aula» nell’ottica di una «riduzione del numero degli alunni per classe» e di un diverso «dimensionamento della rete scolastica». Due formule che compaiono, tali e quali, anche nelle linee di indirizzo che il ministro ha pubblicato la settimana scorsa, senza ulteriori spiegazioni. Qualche chiarimento in più si può trovare nella versione in inglese del Pnrr mandata la primavera scorsa a Bruxelles: nel capitolo relativo alla riorganizzazione del sistema scolastico infatti per raggiungere l’obiettivo di ridurre il numero di alunni per classe il governo menziona come unica leva il calo demografico che nei prossimi 15 anni comporterà una riduzione della popolazione scolastica del 15%, pari a 1,1 milioni in meno. Uno spopolamento drammatico che nel Pnrr viene letto come un’«opportunità» proprio nell’ottica di risolvere il problema del sovraffollamento delle classi . Grazie al calo demografico infatti, per aumentare il rapporto docenti-alunni, non è più necessario investire sull’organico: basta mantenerlo inalterato, come effettivamente è già stato fatto negli ultimi tre anni. Peccato però che il calo finora si sia fatto sentire soprattutto nei primi gradi scolastici (stando al report con i Principali dati sulla scuola pubblicato dal Miur la settimana scorsa in un anno si sono persi 30 mila bimbi nelle scuole dell’infanzia, 70 mila alle elementari, 28 mila alle medie e 26 mila alle superiori), mentre per le superiori bisognerà aspettare ancora diversi anni. E nel frattempo le maestre in esubero potranno sì essere utilmente reimpiegate per ampliare il tempo pieno soprattutto al Sud, ma alle medie e alle superiori continueranno a mancare quei prof di matematica e italiano sui quali invece, a giudicare dai pessimi risultati dei nostri ragazzi nei test Invalsi,andrebbe fatto subito un investimento mirato e al tempo stesso ambizioso.

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