dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 26.5.2021.
La Gilda degli Insegnanti non ha sottoscritto il Patto per la Scuola
perché una cambiale in bianco data al governo.
Chiariamo subito: la Gilda degli Insegnanti non ha sottoscritto il Patto per la Scuola. Tutte le altre organizzazioni sindacali confederali rappresentative invitate al tavolo hanno entusiasticamente firmato il documento. Ciò è molto preoccupante per diversi motivi. Prioritariamente il contenuto è talmente vago da poter essere facilmente utilizzato non per rafforzare la scuola pubblica come Istituzione ma per continuare nelle logiche in cui la scuola assume sempre di più la funzione di “servizio” basato su”un nuovo modello culturale (che) è la base di una nuova organizzazione del lavoro nelle scuole e di ogni capacità di utilizzare l’innovazione tecnologia per il miglioramento del benessere collettivo”. Per fare questo si propone “Una riforma di sistema per costruire un nuovo modello di scuola ”.
Sembra di essere tornati alle tre i della Gelmini (impresa, informatica, inglese) coniugate con la nuova missione “verde” legata al Next Generation UE: “La nuova scuola per le studentesse e per gli studenti, per tutto il personale, deve disegnare competenze e abilità volte a interpretare realtà complesse e stimolare ad affrontare continui processi di cambiamento, a partire da quello climatico”.
Sui contenuti del sapere e delle “competenze e abilità” necessarie per il nuovo modello di scuola non si parla. Invece di aprire un confronto culturale profondo su tali temi il Patto per la Scuola si limita ad elencare una serie di obiettivi generici.
Su alcuni punti dell’accordo non si può che condividerne le astratte finalità. Ad esempio quando si parla di “superamento di situazioni di povertà educativa e dei divari territoriali” , quando si prevedono nuove procedure di reclutamento del personale e un provvedimento transitorio per superare il problema del precariato, quando si ribadisce che è necessario garantire la sicurezza degli ambienti scolastici. Sono temi sui quali si sono spesi negli ultimi vent’anni tutti i ministri dell’istruzione e tutti i governi con risultati molto al di sotto delle roboanti promesse. Il precariato è addirittura aumentato negli ultimi cinque anni. Il governo Renzi aveva con la legge 107/15 rivendicato addirittura il suo immediato superamento.
Ma altri sono i punti sui quali su possono aprire spazi di intervento molto penalizzanti per i docenti e per la scuola statale italiana.
Facciamo alcuni esempi.
- Si parla di “definire anche attraverso le risorse disponibili per la contrattazione, provvedimenti finalizzati all’innalzamento dei livelli di istruzione volti a contrastare gli abbandoni e la dispersione scolastica e per aumentare l’inclusività, per il rafforzamento dell’offerta formativa delle scuole in raccordo con i territori e per sviluppare percorsi didattici individualizzati per tutti gli studenti, attraverso un utilizzo più efficace delle risorse.” Tradotto: anche modificando il contratto di lavoro dei docenti e il loro status giuridico originario tutta l’organizzazione della didattica deve curvarsi a modelli di personalizzazione generalizzata dei percorsi in un’ottica di quasi servizio a domanda individuale. Il tutto per contrastare gli abbandoni e la dispersione scolastica (giusto!) ma sempre con un utilizzo più efficace delle risorse, cioè senza aumentare eccessivamente gli investimenti nel personale e negli stipendi.
. - Si introduce un “sistema strutturato di formazione continua” che può solo significare obbligo di formazione per il personale con modalità, contenuti e scansioni tutti da definire e che forzeranno sicuramente gli attuali limiti contrattuali sull’orario di lavoro.
. - Preoccupa molto la promessa della riforma degli organi collegiali “per i quali sarà avviato un processo riformatore volto a definirne le competenze e coordinarle con quelle dei dirigenti scolastici, nell’ambito delle prerogative degli OO.CC., garantendo la libertà di insegnamento”. Tradotto: revisione del ruolo del Collegio dei Docenti e delle componenti dei docenti nei Consigli di Istituto per garantire la centralità del ruolo della dirigenza scolastica come da anni richiesto dall’Associazione Nazionale Presidi. Resta, perché costituzionalmente protetta, la “libertà di insegnamento”. Ma per insegnare come e cosa non si sa.
. - Si prevedono “efficaci politiche salariali per la valorizzazione del personale dirigente, docente e ATA, con il prossimo rinnovo del contratto, tramite le risorse di cui al Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”. Non si capisce di quali “efficaci politiche salariali” si discuta visto che gli stanziamenti di bilancio previsti per il pubblico impiego sono del tutto insufficienti a coprire la perdita del potere di acquisto dei docenti degli ultimi dieci anni e non contemplano a loro favore quote maggiori per la ripartizione degli aumenti rispetto agli altri comparti del pubblico impiego, anche perché per i docenti l’aumento dei carichi di lavoro è di fatto prevista dal Patto. Gli unici che sono sicuri di avere aumenti congrui di stipendio sono i dirigenti scolastici. Fatalità? Ricordiamo inoltre i possibili risvolti sulla progressione di carriera dei docenti che, identificandoli nel calderone del pubblico impiego, sono previsti da Brunetta e soci.
. - Nel documento si prospetta di intervenire “per la riduzione del numero di alunni per classe e per istituzioni scolastiche, a partire dal prossimo anno scolastico, alla luce dell’andamento demografico della popolazione, finalizzando le risorse per migliorare il servizio e favorire la diffusione del tempo pieno”. Tradotto: nessuna riduzione immediata del numero di allievi per classe, ma una tendenziale riduzione proporzionale alla diminuzione degli allievi frequentanti causata dal decremento demografico. Quando e come non si sa.
. - Chicca finale: “Il Ministero e le OO.SS., attraverso il presente Patto, inoltre, intendono disegnare un modello istituzionale ed organizzativo-gestionale a tutti i livelli, capace di valorizzare il senso di appartenenza, la crescita e le motivazioni professionali dei lavoratori, anche attraverso meccanismi di digitalizzazione, semplificazione e valorizzazione professionale della comunità educante”. Non si capisce come i lavoratori possano essere garantiti attraverso meccanismi di digitalizzazione, semplificazione e valorizzazione professionale. Non basta la digitalizzazione e la “semplificazione” (sempre promessa e mai attuata..) per rimpinguare i bassi stipendi dei docenti.
Come si può notare il Patto è una sorta di cambiale in bianco data al governo dalle confederazioni sindacali firmatarie che si accontentano “di partecipare a tavoli tecnici dedicati allo studio, all’analisi e alla definizione di soluzioni condivise, che saranno verificate e, quando attuate, monitorate”. Evidentemente per i “sindacati” basta olimpicamente partecipare. Mai una volta che si ottenga una vittoria.
Gilda degli Insegnanti ha fatto bene a non accettare un simile documento.
Gilda degli insegnanti di Venezia
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Patto per la scuola: un documento generico e che apre scenari pericolosi. ultima modifica: 2021-05-26T04:21:33+02:00 da