Governo e Pd studiano correzioni al testo della riforma. Ridotto il potere dei presidi.
di Claudio Marincola Il Messaggero, 6.5.2015,
ROMA Sulla scuola il braccio di ferro non ci sarà. Nessuna forzatura. E non solo perché in 7 città italiane le piazze ieri si sono riempite di professori e studenti. Governo (e partito democratico) continuano a ripetere lo stesso refrain, restano in fase «di ascolto e partecipazione». Per tradursi in opere e azioni le intenzioni “pacifiche” dell’esecutivo devono passare dalla commissione Cultura della Camera dove prosegue l’esame del ddl.
Le modifiche introdotte dovrebbero garantire un testo più condiviso. Il ricorso al decreto e alla fiducia è un’ipotesi che al momento non viene presa in considerazione. I tempi però sono stretti e bisogna fare in fretta. Entro il 19 maggio il ddl dovrà essere approvato a Montecitorio.
Con la riscrittura dell’articolo 2 è stato eliminato uno dei maggiori punti di frizione: il ruolo dei dirigenti scolastici. Avranno molto meno potere rispetto al testo iniziale e dovranno operare in accordo con i collegi dei docenti e i consigli di istituto. Non più capo azienda ma organo gestionale che dovrà redigere il piano triennale dell’offerta normativa e sottoporlo all’approvazione del consiglio d’istituto.
IL NODO
Il nodo cruciale riguarda l’articolo 8, il piano delle assunzioni: 55 mila quelle previste dal turn over per coprire i posti vacanti e 45 mila quelle aggiuntive per potenziare l’organico. La prima informata assorbirà una grande fetta di precariato. Ogni scuola, si è calcolato, potrà beneficiare di un 8% in più per potenziare l’offerta formativa. La seconda infornata avverrà per concorso pubblico, circa 60 mila posti da distribuire nel triennio 2016/2019. Il concorso sarà riservato agli abilitati. Ma resta da definire la questione degli idonei, cioè di coloro che hanno superato il concorso del 2012 ma sono rimasti fuori. Il Pd ha presentato due emendamenti con due soluzioni diverse per assorbire anche loro. Inoltre è stata trovata una soluzione anche per i precari che hanno superato i 36 mesi non continuativi di lavoro. Dopo la sentenza della Ue, che ha aperto una procedura di infrazione, rischiavano di non poter più insegnare. In attesa del concorso, la norma del ddl che prevedeva per loro lo stop o il risarcimento è stata modificata. Entrerà in vigore solo a partire dalla data di approvazione della legge. Una sorta di azzeramento virtuale dell’anzianità di servizio.
CHIAMATA DIRETTA
Altro punto delicato è l’articolo 6 che istituisce l’Albo territoriale. Maria Coscia, relatrice del ddl, lo ha ribadito, «vogliamo lasciarlo». I docenti che entreranno nell’Albo saranno a tutti gli effetti di ruolo e dunque a tempo indeterminato. Il compito di individuarli (per chiamata diretta) spetterà al dirigente scolastico in accordo con il comitato di valutazione. Su questo punto non si torna indietro nonostante le resistenze dei sindacati. I segretari delle sigle confederali Cgil, Cisl, Uil, sono stati invitati in audizione dal presidente della commissione Cultura del Senato, Andrea Marcucci, un renziano doc.