Responsabilità e rispetto? Si impara in famiglia

Gilda Venezia

di Giuseppe Prode, TP24, 15.1.2023.

Gilda Venezia

Il senso del limite o del mancato rispetto. Si parla spesso di scuola soprattutto con un nuovo governo in carica e come sempre al cambio di Ministro al dicastero si agitano in tanti e si parla di cambiamenti a partire dal nome, dove il merito entra dalla porta principale di Viale Trastevere (sede del Ministero).

Poi scorri i giornali e leggi quanto accaduto a ottobre scorso ad una professoressa di scienze e biologia nella sua scuola a Rovigo, fatta bersaglio in viso con alcuni colpi tirati da una pistola ad aria compressa da quelli che stavano in classe (perdonatemi, fatico a chiamarli studenti) . Da tempo sono uscito dal mondo della scuola e per occasioni preziose (per me) capita di tornarci per cose di lavoro, incontri laboratori progetti e lo dico con pudore ogni volta che entro in un istituto scolastico automaticamente un sussulto di emozioni e di profondo rispetto per il luogo in sé.

Scorrendo gli articoli a parte il fatto grave di cronaca, la notizia nella notizia è che i ragazzi sono del primo anno e mi chiedo tra le tante cose come una classe intera appena dopo un mese dall’inizio di un ciclo di studi sia già estranea a dinamiche di crescita e sul pezzo per ottenere visibilità su qualche social, dove oltre ai tiratori c’era chi registrava il tutto per mandarlo online (premeditazione si chiama dalle mie parti) .

La professoressa, dopo un tempo di giusta riflessione ha preso una decisione che comporterà per ovvi motivi il coinvolgimento delle famiglie

Li denuncio tutti per difendere la mia dignità e quella dei miei colleghi, ma soprattutto perché è stato oltrepassato un confine”. E poi: “Lo faccio perché spero non succeda più a nessuno. Il nostro mestiere non può diventare pericoloso e in questo i genitori dovrebbero essere nostri alleati, invece sono totalmente schierati con i figli”.

Un paio di anni addietro una dirigente scolastica dopo una serie di laboratori e incontri dedicati ai bambini con scrittori e illustratori (anche un Prefetto passò da quella scuola) mi disse che dovevamo coinvolgere i genitori: notava che a volte c’era un disallineamento tra i saperi acquisiti dai figli a scuola e la restituzione di un quotidiano tra le mura domestiche lontano – in alcuni casi – dal vivere in continuo cambiamento. Si avviò questo percorso e sono stati momenti di confronto di crescita per tutti – mondo scuola e mondo altro – e dove se si sigla un patto fin dai primi giorni di scuola per un percorso condiviso, puoi sperare che l’apprendimento di ciclo in ciclo scolastico abbia come fondamento il rispetto dell’Istituzione Scuola e di chi vi lavora.

Fa male, leggere in quel di Rovigo, che solo un ragazzo si sia scusato con la professoressa, che le famiglie non abbiano provveduto loro per prime (parliamo di minorenni) a volersi scusare e cosa ancora più strana – sempre cronaca – fa più rumore una levata di scudi a fronte di una famiglia finlandese che lascia la Sicilia – dichiarando sensatamente che sole cibo e clima non sono motivo valido per lasciare i loro figli nella scuola italiana ringraziano e vanno via – che una presa di posizione netta da parte di quella scuola o della scuola in generale.

Ieri ho comprato vari giornali da Repubblica al Foglio cercando un fondo un approfondimento della notizia, nulla ma ora che ci penso un articolo si, sui prof tutor e sulla nuova idea di didattica del Ministro Valditara, già derubricato il fatto? Strano assai.

Cosa si è disposti a dare a questa società? Possibile che si chieda solo? In un patto di mutuo soccorso – in attesa di tempi diversi – dobbiamo aiutarci tutti; oggi la scuola è decisamente diversa rispetto ad anni addietro, le aule sono tecnologicamente aperte, conosco prof e dirigenti che manca poco e mettono le tende come domicilio fisso nei loro istituti: donne e uomini , eticamente e moralmente che sono de facto l’esoscheletro di questa società in proiezione. Se abbiamo eccellenze in giro per il mondo tra ricercatori direttori di musei e molto altro è perché un sistema chiamato formazione in larga parte ha funzionato (molti li abbiamo persi all’estero, ma è argomento di altra trattazione) pur tra tantissime difficoltà e noi a queste persone un grazie lo dobbiamo.

La dignità e il rispetto di chi lavora sono le condizioni minime e devono essere assicurate e garantite, poi a mo’ di memento consiglio sempre di ripartire dalla nostra Costituzione, nei principi fondamentali all’articolo due così recita:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

e se vogliamo una Comunità solidale, prima dei diritti partiamo dall’adempimento di quei doveri inderogabili di solidarietà sociale ai quali tutti noi siamo chiamati sopratutto nel rispetto di regole non scritte.

Il senso di responsabilità e rispetto devono iniziare dalla famiglia, non puoi derogare ad altri, qui il principio della delega ho come l’impressione inizi a segnare il passo e i risultati si notano.

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