di Marco Barone, 7.4.2019
– Di scuola, si parla, oramai, quando vengono diffusi dati che fotografano un quadro che anno dopo anno diventa sempre più problematico. Ultimo, ma non ultimo, è il continuo calo degli iscritti che in gran parte è dovuto al calo demografico del Paese.
Di scuola, si parla, oramai, quando vengono diffusi dati che fotografano un quadro che anno dopo anno diventa sempre più problematico. Ultimo, ma non ultimo, è il continuo calo degli iscritti che in gran parte è dovuto al calo demografico del Paese. Si è arrivato a prevedere che nei prossimi cinque anni si perderanno complessivamente 370 mila studenti. 70 mila solo nel prossimo anno scolastico. Di scuola, non si parla più.
Il M5S è stata la forza politica che ha preso parecchi volti dal mondo della scuola. Il personale della scuola ha parte sostenuto questo movimento. Le attese erano tante. Dopo il disastro epocale combinato con la peggiore legge in materia d’istruzione realizzata in Italia, la “buona scuola”. Che ha portato allo sciopero epocale del 5 maggio. La cui lotta è stata poco dopo abbandonata da alcuni dei principali protagonisti sindacali rappresentativi a livello nazionale. Che di buono aveva solo un paio di commi, il resto, un disastro epocale. Il programma del M5S conteneva punti importanti sulla questione scolastica. A partire dalla riduzione del rapporto tra docenti e studenti. Si arrivava a proporre un rapporto non oltre i 22 alunni per classe. Sempre meglio rispetto alla situazione attuale.
E la riduzione del rapporto studenti/docenti è fondamentale soprattutto alla luce del calo demografico strutturale del Paese. Si parlava del problema delle classi pollaio, dell’edilizia scolastica, palla al piede del sistema scolastico italiano, del precariato, degli ATA, dimenticati per decenni da tutti, del percorso di internalizzazione che è in itinere, o dell’abolizione della chiamata diretta, che è stata superata. Poco, è stato fatto, rispetto agli impegni presi.
E che dire delle prove dell’INVALSI? Struttura cardine di quella scuola delle competenze, tanto contestata e osteggiata? Ad oggi, è vero, non rientrano nell’esame, ma sono funzionali all’esame di stato, non sono state superate, così come pur non avendo proposto l’abrogazione dell’INVALSI, che sarebbe stato opportuno, visto anche quanto costa annualmente, se ne proponeva la revisione. L’INVALSI c’è, procede per il suo cammino, con le sue prove, come sempre. Nel contratto di governo tra Lega e M5S, il programma scuola era molto sintetico.
Dei compromessi sicuramente andavano perseguiti. Altrimenti, non avrebbero potuto mai governare insieme. Ovvio. Ma quello che si ha come sensazione è che la scuola non sia mai stata una priorità per questo governo, che le aspettative erano tante, soprattutto verso quella forza politica che dal mondo della scuola ha certamente conseguito un pacchetto di voti significativi. Certo, se dare priorità alla scuola significa rischiare di combinare il disastro di chi prima ha governato, o passare da iniziative vergognose come quelle del convegno sulla famiglia di Verona, meglio lasciarla lì dove si trova, con i suoi problemi ordinari, che giorno dopo giorno crescono e prima o poi imploderanno in modo potente.
Oggi, la scuola è diventata l’oasi nel deserto per migliaia di migliaia di persone che aspirano ad entrarvi, per lavorare. C’è fame di lavoro in Italia e la scuola è una meta importante. Per anni non presa in considerazione, oggi, diventata una speranza, se non un sogno.
Basta vedere quante sono le domande per essere inseriti nelle graduatorie precarie ATA, le messe a disposizione, precarietà, nella precarietà. C’era chi pensava che questa fosse l’ultima tornata delle graduatorie ad esaurimento.
Ma qui ad esaurimento vi finisce la pazienza.
Il dibattito ora si sposta su massimi sistemi, come la “regionalizzazione della scuola“, questione controversa e che può essere deleteria nel sistema solidaristico d’istruzione italiano, ma che ai più interessa poco, e che nel contesto nel quale ci troviamo, se regionalizzazione significa avere priorità nell’assegnazione di un lavoro a scuola rispetto ad altri, secondo la logica del prima gli, ad esempio passando dalla residenza di alcuni anni nel territorio regionale in cui si vive, non dovrebbe stupire, stante la fame di lavoro che c’è se non solleverà opposizioni di massa da parte di chi aspira a lavorare nella scuola o da chi vi opera. Se il prima gli rischia di entrare nella scuola, che diventerà scuola di esclusione, come già sta accadendo in alcune zone d’Italia nei confronti dei minori stranieri, il prima la scuola, non pare avere la stessa forza nella società di oggi.
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Se la scuola non è più una priorità, mentre entra a scuola il prima gli ultima modifica: 2019-04-09T05:08:00+02:00 da