Valditara: il virus della esternazione social-media-televisiva colpisce anche lui

Gilda Venezia

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 28.11.2022.

Gli insegnanti chiedono meno parole in libertà e più fatti: non possono continuare ad essere oggetto della creatività del ministro di turno, dei soliti “esperti”, dei pedagogisti di moda o degli immarcescibili dirigenti ministeriali che mai hanno insegnato in una classe o che si dimenticano di averlo fatto.

Gilda Venezia

Il Ministro Valditara sembra seguire pedissequamente le orme dei suoi predecessori che, di fronte alla  irrilevanza mediatica delle politiche dell’istruzione rispetto ad altre “emergenze”, continua a fare dichiarazioni mezzo stampa o in inutili convegni, dichiarazioni che risultano spesso imbarazzanti e decontestualizzate.

Ha fatto molto discutere l’affermazione riferita al fenomeno del bullismo nella quale il bullo “deve fare i lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai suoi compagni è lui, lì, che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto”.

L’affermazione , che è stata corretta con molti imbarazzi dallo stesso Ministro, comporta che tutti coloro che si dedicano a lavoro socialmente utili siano da considerarsi lavoratori di serie B e che l’obbligo ai lavori socialmente utili (previsto anche dalla legge sul reddito di cittadinanza) sia una sorta di umiliazione. Peccato che invece i cosiddetti “lavori socialmente utili” potrebbero essere di estrema importanza per la tenuta di alcuni servizi essenziali e per la protezione del territorio.

Il bullismo a scuola non dovrebbe essere pertanto sanzionato dall’umiliazione del lavoro socialmente utile, ma dalla sua valorizzazione. Del resto le sanzioni alternative alla semplice sospensione dalle lezioni sono diffuse in tutti i paesi europei e hanno una loro efficacia educativa. Un grave errore del Ministro è non averne comunicato l’utilità e di averne dato una connotazione negativa.

Valditara è poi stato contestato per le sue esternazioni per la sua opposizione alla concessione del reddito di cittadinanza a chi non avrebbe espletato il percorso scolastico obbligatorio. Peccato che si sia dimenticato che l’obbligo scolastico sia stato fissato ai sedici anni e che non ci sia alcun riferimento al conseguimento del diploma di terza media. Da un punto di vista formale sarebbe infatti stato giusto fissare almeno al conseguimento del diploma di terza media, a prescindere dall’età, la possibilità di percepire il reddito di cittadinanza visto che lo Stato da decenni si è impegnato a favorire la frequenza e i corsi per i lavoratori e per chi non ha raggiunto il titolo. L’esperienza pur controversa dei Centri territoriali e dei CPIA è fondamentale per capire gli sforzi dello Stato per favorire l’inclusione di chi non ha il diploma di secondaria di primo grado e nei successivi gradi di istruzione. Non dovrebbe essere quindi considerata una bestemmia quella di condizionare la percezione del reddito di cittadinanza al conseguimento del titolo di scuola media o, almeno, la frequenza ai CPIA. Ma il problema sembra risolto, con tutte le polemiche suscitate, dalla progressiva scomparsa del reddito di cittadinanza che diventerà in futuro una pura misura assistenziale per i disabili al lavoro.

Altra contestazione, alquanto strumentale, è stata fatta in merito alle dichiarazioni circa l’utilizzo dei telefonini in classe e a scuola. Tutti i docenti sanno che, se non espressamente utilizzati come strumento di lavoro in classe, i telefonini sono solo uno strumento di distrazione che mina la centralità del rapporto educativo in classe. Ben vengano gli inviti a regolamentarne l’uso nella scuola con buona pace di genitori apprensivi e dei social pervasivi.

Il Ministro sta cercando di far riportare il tema della scuola e dell’istruzione su binari da tempo dimenticati. Ben venga. E’ ineccepibile infatti l’affermazione per la quale “bisogna ridare autorevolezza all’insegnante. Oggi le famiglie sono diventate sindacalisti del figlio. Questo è il problema”. Sembra però che l’unico problema è che alle parole non sembrano poi seguire i fatti. La pessima conclusione della vicenda contrattuale con miseri aumenti stipendiali per i docenti dopo quattro anni di ritardo e la mancanza di investimenti nella scuola nella Legge di Bilancio 2023 ne sono l’esempio lampante.

Consigliamo al Ministro Valditara quello che abbiamo già consigliato a Azzolina e Bianchi: meno parole in libertà e più fatti. Sappiamo bene che i fatti contano e le parole no anche se fanno “notizia”, ma la scuola e gli insegnanti non possono continuare ad essere oggetto della creatività del ministro di turno, dei soliti “esperti”, dei pedagogisti di moda o degli immarcescibili dirigenti ministeriali che mai hanno insegnato in una classe o che si dimenticano di averlo fatto.

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Valditara: il virus della esternazione social-media-televisiva colpisce anche lui ultima modifica: 2022-11-28T05:13:18+01:00 da
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