di Vincenzo Fiano metro news 20.10.2015.
Tra un po’ il Governo userà la delega della Legge 107 per riformare l’inclusione scolastica, scavalcando il dibattito parlamentare e limitando quello popolare. Ma soprattutto, rischiamo che riporti l’Italia nel passato.
Oggi, c’è l’insegnante di sostegno, docente abilitato su una disciplina e specializzato sulle attività di sostegno; la Riforma invece mira a produrre una figura “ibrida” che, dopo la Laurea Magistrale, potrà accedere direttamente a corsi sulle specifiche patologie gravi.
L’insegnante, così, diviene una sorta di “assistente sanitario”: un marchio di diversità in una scuola che, nella vita dei ragazzi con disabilità gravi, non sarà più volta all’apprendimento e all’inclusione, ma solo ad un’assistenza sanitaria specialistica da parte di chi dovrebbe avere un ruolo diverso, per lui e per il resto della classe.
Cosa si può fare?
Proposte alternative di buon senso, come la co-docenza, vanno definite nelle loro possibili applicazioni, ma non basta. Occorre che, dal basso, i docenti e le famiglie si organizzino: la Riforma va fatta conoscere tramite incontri pubblici, magari da svolgersi nelle scuole, dove discutere anche delle alternative.
La grande opposizione alla legge 107 non è riuscita nel suo intento più alto anche a causa delle divisioni interne alla categoria degli insegnanti. Sull’inclusione forse l’unità è più praticabile, e chissà che la spinta verso il passato del Governo non venga “capovolta” in una rincorsa da chi la scuola la vive tutti i giorni.