di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola, 18.12.2022.
Il contratto è stato firmato con i soldi già stanziati, per ora delle promesse elettorali non c’è nulla.
Sono passati ormai due mesi dall’insediamento del nuovo Governo e la “sterzata” sulla politica scolastica non si è ancora vista.
E’ vero che in questi 60 giorni sia i Ministri sia le forze politiche si sono dovuti occupare della legge di bilancio (legge peraltro difficilissima da mettere a punto) ma forse qualche piccolo segnale sarebbe stato anche legittimo doverlo registrare.
E invece nulla, a meno di non voler considerare una “sterzata” la firma del contratto nazionale che però a ben vedere è stato chiuso con le risorse ereditate dal precedente esecutivo (i 150milioni in più inseriti nella finanziaria 2023 non sembra possano essere definiti un grande cambio di passo).
In realtà sulle promesse elettorali e soprattutto sugli innumerevoli problemi aperti per ora non si è visto ancora nulla.
Sul tema del precariato e del reclutamento, per esempio, è ancora tutto fermo e, a questo punto, è davvero difficile che a settembre 2023 la situazione possa essere tanto diversa da quella di qualche mese fa.
Anche il problema dei sostegno e della ormai cronica carenza di insegnanti specializzati sembra ormai destinato a rimanere un buco nero nel funzionamento del sistema scolastico nazionale.
C’è invece molta fiducia da parte del mondo politico sulla possibilità che con i fondi del PNRR si possano ridurre i tassi abnormi di dispersione scolastica che si registrano in diverse aree del territorio nazionale.
Ma – almeno a parere di chi scrive – per intervenire sull’abbandono scolastico sarebbe forse necessario sulla formazione dei docenti e sul loro reclutamento più che sul semplice incremento delle dotazioni digitali delle scuole che pure hanno loro importanza.
Senza considerare che la dispersione scolastica è un fenomeno molto complesso legato, multifattoriale, legato cioè a variabili diverse molte delle quali sfuggono del tutto al controllo del sistema scolastico (disagio economico, scarsità delle opportunità culturali offerte dal territorio, e così via).
La legge di bilancio poteva essere l’occasione per dare qualche piccolo segnale dell’interesse verso misure strutturali (ripresa dei concorsi per dirigenti scolastici e dirigenti tecnici) ma neppure questo è stato dato di vedere.
Ma neppure si sono viste misure che – discutibili o meno che siano – erano state preannunciate più o meno apertamente durante la campagna elettorale: la Scuola superiore per la formazione ideata dal Governo Draghi per gestire le procedure di formazione del personale della scuola contestatissima dal centro destra resta per il momento al suo posto, così come nulla si dice dell’Invalsi che secondo FDI avrebbe dovuto essere fortemente ridimensionato.
Tanto che anche all’interno della maggioranza di Governo serpeggia non poco malumore e più di un politico, che ovviamente preferisce rimanere nell’anonimato, incomincia a dire che Valditara sta portando avanti la stessa linea di Patrizio Bianchi.
Prima di dire che “è tutto sbagliato ed è tutto da rifare” conviene però aspettare ancora almeno un mese per capire se nel decreto milleproroghe verrà inserita qualche norma che possa far parlare di un seppur lieve cambio di rotta.