Il Corriere della sera, 7.7.2022.
Il ministro Bianchi: «Abbiamo frenata la caduta delle competenze post Covid». Ma la ripresa non si vede. Catastrofe nelle regioni del Sud. Il presidente dell’Invalsi Roberto Ricci: «Le disparità anomale fra scuole e scuole e perfino fra classi e classi»
La foto di una catastrofe
Ci vuole molto ottimismo ad accogliere con sollievo i risultati dei test Invalsi di quest’anno: «Il calo dei risultati si è arrestato e non era scontato – spiega Roberto Ricci, presidente dell’Istituto che valuta le competenze degli studenti italiani dalla seconda elementare all’ultimo anno di scuola superiore -. La scuola ha ripreso il suo cammino, è stato importante tornare in presenza, ma il percorso è tutt’altro che semplice e ancora non si vede la luce, perché le differenze di preparazione hanno cause che vengono da lontano». E i numeri sono lì a dimostrarlo: giunti alla fine del percorso, dopo 13 anni di scuola, la metà dei nostri ragazzi non raggiunge la sufficienza in italiano né in matematica. Una catastrofe educativa che i dati Invalsi ci consentono si ricostruire andando a ritroso dalle superiori alle medie e dalle medie alle elementari. «La scelta di tornare in presenza ci ha permesso di frenare la caduta – ha detto il ministro Patrizio Bianchi commentando i dati Invalsi -. Abbiamo cicatrici addosso, è vero, sulla matematica per esempio. La pandemia ha aumentato le differenze ma in alcune regioni del Sud c’è stata una capacità di reazione, per esempio sulla dispersione. Ci vuole tempo». Non solo contano ancora la famiglia d’origine, il titolo di studio dei genitori, la Regione di residenza e anche molto (troppo) la scuola e addirittura la classe in cui si è. Il Covid ci lascia una scuola «ingiusta», in cui gli studenti più fragili fanno più fatica a recuperare le e differenze fra Nord e Sud, tra scuole del centro e di periferia, sezioni buone e sezioni scadenti sono talmente marcate da far venire in mente il pollo di Trilussa. «Sai ched’è la statistica?», si chiedeva il poeta romano in un suo componimento diventato proverbiale. E’ quella cosa per cui se uno mangia due polli e un altro resta a bocca asciutta, in media tutti hanno mangiato un pollo. Lo stesso vale per la scuola: anche lì c’è chi mangia la coscia e chi deve accontentarsi dell’ala del pollo. Ci sono scuole, soprattutto al Sud, che invece di appianarle, esasperano le differenze di partenza, componendo sezioni di serie A, B, e C dove ai bravi – che vengono assegnati i prof più bravi e agli scarsi i prof più scarsi. In matematica, in particolare, gli studenti scontano – come riconosce lo stesso Ricci – «il problema della scarsa disponibilità di prof delle materie scientifiche che porta ad una forte variabilità di approccio didattico da classe a classe e anche ad una diversità di opportunità per i ragazzi». Ecco nel dettaglio i risultati.
Elementari, la seconda
Dopo i due anni di Covid e nonostante la riapertura delle scuole, nelle elementari si nota un peggioramento dei risultati degli studenti sia in italiano che in matematica. Già in seconda elementare i bambini che hanno competenze oltre la sufficienza sono meno di tre su quattro in entrambe le materie, il 72 per cento in italiano e il 70 in matematica: lo scorso anno superavano la linea della sufficienza l’82 per cento per l’italiano e il 74 per cento per la matematica.
Elementari, la quinta
In quinta elementare, invece,rispetto al periodo pre Covid c’è stato un recupero delle competenze di italiano (sono sufficienti quattro studenti su cinque, l’80 per cento, nel 2019 erano il 75 prima del Covid). Ma per quanto riguarda la matematica, il sistema comincia a scricchiolare già nei bambini di 10 anni: quelli che hanno una preparazione adeguata sonosoltanto il 66 per cento: erano il 71 per cento lo scorso anno e il 72 prima del Covid. Sotto osservazione è la Sicilia che ha risultati già stabilmente sotto la media nazionale. In entrambe le rilevazioni – italiano e matematica – si nota una grande differenza, comunque superiore a quella considerata fisiologica, sia nel confronto tra le diverse scuole che tra le classi delle singole scuole: questo significa che i risultati possono essere influenzati da fattori legati sia alla composizione socioeconomica delle classi che alle scelte didattiche degli insegnanti. Soprattutto per quanto riguarda la matematica la classe e la scuola contano per un terzo (29,6 in seconda elementare e addirittura 33 in quinta). Spiega il presidente dell’Invalsi Roberto Ricci: «Sono peggiorati i risultati delle fasce di studenti che hanno maggiore fragilità. La variabilità dei risultati tra classe e classe nella stessa scuola e tra scuole è fisiologica fino al 15-20 per cento, oltre segnala un’anomalia». Al Sud e nelle Isole arriva a contare fino al 40-42 per cento nella preparazione degli studenti.
La terza media italiano
Nel passaggio dalle elementari alle medie , si assiste a un crollo generale degli apprendimenti, tanto che alla fine della terza media solo sei studenti su dieci raggiungono livelli sopra la sufficienza in italiano, in netto peggioramento rispetto alle rilevazioni pre-Covid. Ma il presidente dell’Invalsi Roberto Ricci ci tiene a dire che poteva andare anche peggio: rispetto all’anno scorso non siamo ulteriormente arretrati, anche se non si sono ancora segnali di ripresa. Resta il fatto che dopo le elementari la quota di studenti che non raggiungono nemmeno la linea di galleggiamento, letteralmente esplode. In italiano quasi raddoppia passando dal 20 al 39 per cento, con punte che sfiorano il 50 per cento al Sud e nelle isole.
La terza media matematica
In matematica va pure peggio, nel senso che in media poco più di un quattordicenne su due raggiunge la sufficienza (56 per cento). Al Sud i ragazzi con una preparazione almeno decente sono addirittura una minoranza: 4 su dieci in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. O se si preferisce rovesciare la prospettiva: gli insufficienti diventano la larga maggioranza: 6 studenti su dieci. Di questi, circa la metà, è come se non avessero neanche fatto le medie, nel senso che il loro livello di apprendimenti è equivalente a quello di un bambino di quinta elementare.
La seconda superiore, italiano
Nel passaggio dalle medie alle superiori il ritardo accumulato alle medie peggiora. Il risultato è che appena due studenti su tre (66 per cento) raggiungono la sufficienza in italiano (il 51 per cento al Sud e nelle isole). Rispetto al periodo pre-Covid, la scuola si è giocata tutto il recupero che era stato fatto fra il 2018 e il 2019, quando gli studenti sufficienti avevano toccato la soglia del 70 per cento. Eccezioni positive, la provincia di Trento e il Veneto, dove gli studenti fragili raggiungono almeno il livello 2: segno di una scuola veramente inclusiva, capace di portare tutti gli studenti almeno fuori dalla palude dell’insufficienza grave. Le differenze regionali si incrociano con quelle altrettanto drammatiche fra indirizzi di studio: mentre nei licei, in tutte le regioni salvo il Molise, la Campania, la Calabria e la Sicilia, il livello medio degli allievi è sopra la sufficienza, solo gli istituti tecnici del Centro-Nord riescono a raggiungere questo traguardo. Le cose peggiorano ulteriormente nei professionali: in alcune regioni del Mezzogiorno solo gli allievi eccellenti raggiungono la sufficienza.
La seconda superiore, matematica
Anche alle superiori i risultati peggiorano ulteriormente in matematica dove i sufficienti sono appena il 54 per cento (nel 2019 erano il 62 per cento). E di converso aumentano i fragili, soprattutto al Sud. In sei regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) il risultato medio degli studenti nei test a crocette è fermo al livello 2, sotto la sufficienza. Record negativo in Sardegna dove i quindicenni fermi sotto la linea di galleggiamento sono addirittura il 70 per cento. Se si esclude l’isola felice dei licei scientifici, in matematica solo nelle regioni del Centro-Nord gli allievi raggiungono la sufficienza come risultato medio, mentre nelle altre si fermano sotto.
La quinta superiore, italiano
Nonostante se ne perda un bel po’ per strada (più di un ragazzo su dieci – il 13,1 cento secondo gli ultimi dati Eurostat – lascia la scuola prima del diploma), in quinta superiore le cose vanno pure peggio. In italiano appena il 52 per cento degli studenti raggiunge il livello minimo di competenze, con punte del 60 per cento in Campania, Calabria e Sicilia. E’ lo stesso risultato dell’anno scorso, segno che il crollo causato dal Covid (meno 8 punti percentuali rispetto al 2019) si è fermato. Ma siamo ben lontani dall’aver incominciato a risalire la china.
La quinta superiore, matematica
Disastro totale in matematica dove la metà tonda degli studenti italiani (50 per cento) è insufficiente. Anche qui il risultato è invariato dall’anno scorso ma il crollo rispetto al periodo pre-Covid è ancora più drammatico: meno 11 punti percentuali. Autentica Caporetto al Sud e nelle isole, in particolare in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, dove 7 studenti su dieci non sanno «far di conto». Dopo 13 anni di scuola, fatto salvo quel 25 per cento di studenti che scelgono il liceo scientifico, tutti gli altri mostrano enormi difficoltà in matematica. Da notare che in matematica i ragazzi degli istituti tecnici si prendono la loro rivincita superando quelli degli altri licei (classico, linguistico, artistico, scienze umane ecc.) dove, bene che vada gli insufficienti sono circa un terzo del totale (Lombardia e Nordest), ma già in Lazio sfiorano il 60 per cento, e al Sud è anche peggio.
L’importanza dell’origine familiare
La scuola perde la sfida dell’equità e si conferma incapace di essere un ascensore sociale. Pesa, e molto, l’origine socioculturale delle famiglie: in particolare, i ragazzi provenienti da famiglie avvantaggiate hanno il doppio di possibilità di raggiungere risultati eccellenti (uno su cinque) dei loro compagni meno fortunati che, specularmente, corrono un rischio più che doppio di uscire dalle superiori con competenze del tutto inadeguate sia in italiano che in matematica e in inglese. Gli studenti cosiddetti «fragili», cioè insufficienti in tutte e tre le materie sono il 12 per cento di origine socioculturale svantaggiata e per il 5,6 per cento provenienti da famiglie abbienti.
La dispersione implicita
Coloro che terminano il loro percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali in nessuna delle tre materie monitorate dall’Invalsi (italiano, matematica e inglese) rientrano in quella che l’Invalsi definisce la «dispersione implicita». Questi ragazzi infatti rischiano di avere limitate prospettive di inserimento nella società, molto simili a quelle di chi è rimasto vittima della dispersione vera e propria, cioè di coloro che si sono fermati al diploma di terza media. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5%, per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente a causa di lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Nel 2022 si osserva una minima inversione di tendenza sia a livello nazionale, dove si ferma al 9,7% (-0,1 punti percentuali) sia a livello regionale. In termini comparativi, il calo maggiore della dispersione scolastica implicita si registra in Puglia (-4,3 punti percentuali) e in Calabria (-3,8 punti percentuali). Tuttavia, le differenze assolute a livello territoriale rimangano molto elevate: Campania (19,8%), Sardegna (18,7%), Calabria (18,0%), Sicilia (16,0%), Basilicata (12,8%), Puglia (12,2%, Abruzzo (10,8%), Lazio (10,7%).
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Prove Invalsi 2022, tornare a scuola non è bastato: un maturando su due insufficiente in italiano e in matematica. Troppe differenze tra classe e classe ultima modifica: 2022-07-07T15:33:07+02:00 da