di Francesco Provinciali, Start Magazine, 7.1.2023.
Giorgia Meloni dica chiaramente se tutti i lavoratori fragili possono accedere allo smart working. L’intervento di Francesco Provinciali.
In epoca di post-globalizzazione le notizie girano velocemente ma non sempre in tempo utile e verificabile.
Si sa ad esempio che la Cina è flagellata da una nuova fase di pandemia da Covid-19. Alcuni Stati hanno imposto controlli alle frontiere, specie per gli sbarchi di passeggeri in arrivo da quel Paese dove città come Shangai registrano il 75% di contagiati.
Cose che si sapevano non da ieri, ad esempio mentre in Italia si votava la legge di bilancio che prevedeva il rinnovo dello smart working per i lavoratori fragili, pur se assoggettato ad uno dei 44 rilievi formulati dalla Ragioneria dello Stato. Da quando ha ripreso a circolare anche da noi la paura di una ripresa dei contagi e il rischio di nuove varianti, si alternano in TV esperti che raccomandano la 4° e finanche la 5° dose per i soggetti fragili, l’uso delle mascherine e tutte le cautele del caso, implementate dalla concomitanza dell’influenza che può creare un mix virale pericoloso: raccomandazioni encomiabili.
LE NEBBIE SULLO SMART WORKING PER I LAVORATORI FRAGILI
Si batte il tasto delle precauzioni che fragili, defedati, immunodepressi e anziani devono assumere attraverso una preventiva e accorta profilassi ma nello stesso tempo si tergiversa su quali tutele debbano essere assunte a protezione dei lavoratori certificati fragili e inidonei al lavoro in presenza: di fatto lo smart working è stata una provvidenza normativa in bilico fino all’ultimo ed è tuttora avvolta in una nebulosa di discrezionalità che non fa onore alla certezza del diritto.
Prendiamo ad esempio il mondo della scuola: pare che sia possibile usufruirne per un impiegato appartenente alla categoria del personale amministrativo mentre invece resterebbero esclusi i docenti a motivo del fatto che in caso di assenza dal servizio in classe (in caso di contagio, per una terapia specifica, per un ciclo di cure periodiche ecc.) il dirigente scolastico dovrebbe provvedere alla nomina di un supplente.
Circostanza che avrebbe dei costi – è vero – ma se leggiamo nelle pieghe della legge di bilancio e nel decreto milleproroghe troviamo una varietà infinita di prebende, bonus, provvidenze, stanziamenti mirati a specifiche esigenze locali o di categorie lavorative, rinnovi e proroghe che comportano un esborso di denaro pubblico indubbiamente superiore, anche considerando la reiterazione per sette mesi del reddito di cittadinanza.
Giusto tutelare chi non ha lavoro o fonti di reddito ma altrettanto giusto sarebbe proteggere chi lavora ma è affetto da una delle patologie che lo stesso D.M. Salute del 4 febbraio 2022 ha certificato come motivo di particolare fragilità.
I DUBBI DEGLI INSEGNANTI FRAGILI
Il 9 gennaio riapriranno le scuole ma gli insegnanti fragili non sanno ancora se potranno chiedere l’accesso allo smart working, le alternative sono solo due: rientrare al lavoro in una situazione di potenziale rischio o mettersi in malattia usufruendo del congedo contrattuale. Ad onor del vero persino il Presidente Conte – leggasi l’art. 26 – comma 2 e 2-bis del DL 17/3/2020 n.18 aveva previsto una copertura sanitaria alternativa allo smart working. Sempre rinnovata fino al 30/6/2022, eccetto alcuni periodi di vacatio legis.
Con il cd.decreto aiuti-bis del 10/8/2022 su proposta dell’allora Ministro del Lavoro Orlando le tutele venivano ridotte al solo smart working e si riscontrava da subito una discriminazione tra coloro che potevano accedere a questa tutela e chi non poteva usufruirne a motivo del profilo professionale.
Alla scadenza del 31/12 u.s. questa soluzione sembra reiterata nella sua evidente lacuna: quella di proteggere alcune categorie di lavoratori e di escluderne altre, a parità di condizioni di patologie esistenti.
Il caso dei docenti è emblematico e sembra riproporsi.
LA DECISIONE SULLO SMART WORKING SPETTA AI DATORI DI LAVORO
Avendo interpellato sindacalisti ed esperti legislativi e del mondo del lavoro tutti sono giunti alla medesima laconica conclusione: spetta al datore di lavoro decidere chi ammettere allo smart working e chi no.
Una bella patata bollente per i dirigenti scolastici: se accettano di ‘concedere’ il lavoro agile rischiano un rilievo dagli organi di controllo, se invece oppongono ‘diniego’ all’istanza rischiano un ricorso per disparità di trattamento tra il personale dipendente.
Perché i cittadini sono uguali davanti alla legge, non possono essere discriminati in base al lavoro che svolgono (in una Repubblica … fondata sul lavoro) e qualche accorto avvocato potrebbe imbastire un procedimento per violazione di un principio di parità sancito dalla Costituzione.
COSA NON DICONO MELONI E I MINISTRI
Se il legislatore non è stato abbastanza chiaro nel formulare l’articolo di legge, se i Ministri interpellati tacciono al pari dei loro uffici legislativi sarebbe corretto ed autorevole che il Presidente del Consiglio in persona chiarisse se tutti i lavoratori fragili possono godere dello stesso diritto ovvero preparare un provvedimento sotto forma di decreto legislativo che ponga fine ad una ingiusta disparità di trattamento e consideri la condizione di fragilità come uno stato di salute svincolato dal tipo di professione svolta dal lavoratore.
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Quali sono i piani di Meloni per lo smart working? ultima modifica: 2023-01-07T11:39:17+01:00 da