INVALSI 2023: un finale già scritto, nell’attesa della prossima stagione

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Roars, 17.7.2023.

Gilda Venezia

A differenza di ciò che accade nelle migliori serie tv, l’ultima puntata del racconto sulla scuola italiana, anche nell’era del Merito, non termina con un colpo di scena. Il finale di stagione 2023, la pubblicazione del Rapporto INVALSI, presentato presso la Camera dei Deputati, avrebbe potuto essere scritto ad occhi chiusi da qualsiasi spettatore fedele e appassionato al genere, anche stavolta. Fatta eccezione, ovviamente, per le oscillazioni percentuali di rito dei risultati annuali, sulla cui significatività statistica nessuno si interroga, mentre invece molto ci sarebbe da approfondire. La scuola italiana è “un flop”; metà degli studenti è “ignorante”; i più ignoranti di tutti si trovano al Sud, hanno un profilo socioculturale preciso. E’ l’eterno ritorno dell’uguale, una trama e un copione già scritti, di cui si conoscono sia i colpevoli che le soluzioni.

 


 

A differenza di ciò che accade nelle migliori serie tv, l’ultima puntata del racconto sulla scuola italiana, anche nell’era del Merito, non termina con un colpo di scena. Il finale di stagione 2023, la pubblicazione del Rapporto INVALSI, presentato presso la Camera dei Deputati lo scorso 12 luglio avrebbe potuto essere scritto ad occhi chiusi da qualsiasi spettatore fedele e appassionato al genere, anche stavolta.  Fatta eccezione, ovviamente, per le oscillazioni percentuali di rito dei risultati annuali, sulla cui significatività statistica nessuno si interroga: ormai anche coloro che ritengono di assumere posizioni critiche credono ciecamente a quelle oscillazioni e non si mostrano a disagio quando INVALSI si accredita come l’”ISTAT della scuola”.

Eppure, le parole del Ministro Valditara e quelle del Presidente dell’INVALSI, accompagnate da numeri e istogrammi, come da migliore tradizione sono state rilanciate da tutti gli organi di informazione, alla ricerca dei titoli di luglio, con l’enfasi degna delle migliori catastrofi.

L’allarme è stato lanciato su due fronti: i divari Nord-Sud e l’”ignoranza” di metà degli studenti italiani.

 

Alcuni titoli si sono avventati in un’analisi delle probabili cause del disastro – un espediente, forse, per tentare di accrescere la suspencenell’attesa di un possibile colpo di scena nella futura stagione 2024 – proponendo tra i responsabili del “flop” rivelato dai risultati INVALSI una sorta di “long covid” maturato all’ombra dei mesi di DAD (didattica a distanza).

 

 

Ovviamente non sono mancati i profeti delle soluzioni. Nomi noti, pronti a dispensare rimedi (tipicamente ristrutturazioni didattiche o organizzative elaborate da tempo, da aggiornare in base alla stagione in corso): Fondazione Agnelli e Associazione Nazionale Presidi.

La Fondazione Agnelli ricorda che sarebbero già pronti nuovi format più accattivanti: le esperienze “validate scientificamente” e  pubblicizzate sul sito della fondazione torinese, che attraverso “forme di studio e gioco, collettivo e individuale”- permetterebbero di “recuperare le competenze di base (italiano e matematica)”.

Il Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, invece, propone un rovesciamento coraggioso del copione, oltre che puntare la luce sul vero colpevole del disastro. Serve un “cambiamento alla radice”: il problema sono le lezioni degli insegnanti poco interessanti.

Piccolo mondo antico (e reazionario)

I dati INVALSI descrivono un mondo semplice. Sulla base di 5 livelli auto-definiti (o 6 nel caso della primaria, in cui l’Istituto addirittura usa i percentili (!) vedi qui) pretende di tratteggiare il profilo di studenti dai 7 ai 19 anni, e di certificarne competenze individuali.

Un fulgido esempio di descrizione fondata sui dati INVALSI ce lo fornisce l’ex direttore generale, Paolo Mazzoli, che in un editoriale chiarisce cosa si intenda per studente  “non adeguato”. Niente di meglio che un esempio, dice l’ex direttore:

Prendiamo due ragazzi immaginari, Bruno e Katia, un maschio e una femmina, che l’INVALSI ha bollato come “non adeguati”. Come ce li immaginiamo?

  • Il maschio parla in dialetto, pensa al calcio e alle ragazze e guarda i tutorial su youtube.
  • La femmina, pur essendo una brava giovane massaia, non sa fare “le pizze rustiche” perché è una schiappa in matematica.

Un piccolo mondo antico e reazionario, sessista ma elementare e in fondo rassicurante, che rinforza stereotipi e autoavvera le sue profezie.

L’eterno ritorno dell’uguale

Non ci pare il caso di sottolineare una volta di più la strumentalizzazione ideologica, da parte dell’informazione e della politica, degli esiti di quiz a risposta chiusa svolti spesso in poche decine di minuti da studenti che non ne comprendono il senso; quiz capaci di sondare poche abilità e non certo competenze. Lo abbiamo già fatto ampiamente in passato  (vedi qui.)

Non ci sembra nemmeno necessario ricordare il ruolo che il test INVALSI ha svolto e continua a svolgere a sostegno delle politiche educative degli ultimi decenni, come da migliore tradizione internazionale.

Lo stesso divario Nord-Sud che l’INVALSI sembrerebbe rivelare schedando anno dopo anno milioni di studenti dai 7 ai 19 anni, e oggi oggetto di drammatiche e fugaci attenzioni,  non è altro che frutto della robusta correlazione tra esiti scolastici e retroterra sociale -economico -culturale, che la migliore sociologia dell’istruzione studia dagli anni 60. Nulla che non sia già ben noto.

Anche i preoccupati annunci di Valditara –vedi Agenda Sud – non sono altro che la riproposizione di policy nella sostanza già scritte dai governi precedenti, addirittura prima del Covid. A meno di rifiniture tutte ancora da leggere, si tratta di proposte che testimoniano l’esistenza di una politica educativa che procede ciecamente, puntellata proprio dalle cifre prodotte dall’Istituto di Valutazione annualmente. Evidentemente anche Valditara e Fratelli d’italia, inizialmente contrari all’INVALSI, si sono convinti della bontà del modello, come un Renzi qualsiasi.

Le profetiche soluzioni dei piazzisti dell’istruzione, che puntualmente (ri)sorgono in occasione della denuncia del disastro, non fanno che  ripetere una trama già scritta, oltre che ben nota: più autonomia, più indicatori e valutazione standardizzata, premi, incentivi e carriere, standardizzazione della didattica e dell’insegnamento. D’altra parte, quale migliore maniera per imparare rispondere a un test, magari collettivamente o sotto forma di gioco, possibilmente con piattaforme digitali, se non apprendere a riconoscerne la logica e la struttura di base, per poi svolgere un bell’allenamento con le raccolte esempi?

La valutazione standardizzata dell’INVALSI, via via più pervasiva e ingombrante nella didattica e nell’organizzazione scolastica, rappresenta il cuore dell’idea di scuola che la politica persegue da decenni, da Berlinguer a Valditara. Una scuola di massa che garantisca saperi minimi per tutti– livelli essenziali delle prestazioni-, che tenga alla briglia i suoi insegnanti e che sia capace di smistare precocemente e in maniera oggettiva i suoi studenti, come vuole il nuovo mantra dell’orientamento[1]. I “fragili” e gli “ignoranti” – gli “sfigati” come li chiama con eleganza Daniele Checchi, uno degli ideologi della scuola dei test INVALSI-  da una parte, nella futura filiera Valditara. Gli “adeguati” e gli “eccellenti” dall’altra, prima nei licei e poi all’Università, magari private, grazie alle risorse di cui dispongono.

 


[1] L’immagine riportata è a pag. 36 della presentazione del rapporto INVALSI 23 e chiarisce il fine orientativo dei test, destinato ad accrescersi in futuro

https://invalsi-areaprove.cineca.it/docs/2023/Rilevazioni_nazionali/Rapporto/Presentazione%20Risultati%20prove%20INVALSI%202023.pdf

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INVALSI 2023: un finale già scritto, nell’attesa della prossima stagione ultima modifica: 2023-07-19T04:47:57+02:00 da
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