La scuola del futuro

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Astolfo sulla luna, 12.6.2025.

La riforma di Valditara comprime in due anni i curricoli oggi triennali, al lordo dei cosiddetti PCTO, ossia degli interventi di “esperti esterni”, sempre più “valorizzati”.

Gilda Venezia

Si è molto discusso sull’annunciata pubblicazione delle nuove Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, che sono finalmente comparse sul sito del MIM. D’obbligo per un ministro a capo dell’istruzione italiana far riferimento alla filmografia americana a proposito della reintroduzione del latino alle medie: ai miei tempi, che sono ormai lontani, mio padre mi fece scegliere questa materia, con l’intenzione poi – dato che ero bravetto in italiano – di iscrivermi al ginnasio. A dire il vero non mi ci appassionai, tant’è vero che, uscito con un mediocre 45 dal liceo classico, mi iscrissi poi alla facoltà di economia e commercio.

Ma, chiedendo perdono per la parentesi autobiografica, torno a bomba.

Coerentemente, il ministro, da buon docente di diritto romano prestato alla politica, ha deciso di darci un taglio alla preistoria, dando in pasto ai bimbi  di 7-8 anni la civiltà greco-romana e focalizzandosi su “l’impatto del Cristianesimo sul mondo classico”, nonché – in linea con il back to the future di zemeckisiana memoria – affiancando allo studio dei grandi poemi epici dell’antichità quello della Bibbia di cui “l’insegnante leggerà e commenterà con i bambini alcuni passi”. Quanto al mezzo di espressione, evocando i concorrenti all’esame di avvocato che scrivono in stampatello, raccomanda la riscoperta del corsivo non lesinando inoltre consigli sul metodo di studio: si torni alle poesie imparate a memoria.

Tuttavia il pezzo da novanta della riforma Valditariana, di cui queste son solo le fondamenta, è il disegno complessivo riguardante il segmento secondario di secondo grado, che debutterà – a suon di decreti legge – nel 2026-27, ossia alla fine della XIX legislatura.

Sempre secondo le dichiarazioni rese dal ministro in sede di pubblicazione delle Indicazioni nazionali che ho sommariamente descritto, uno degli obiettivi dei prossimi provvedimenti sarà quello di dare più valore al liceo classico “che va valorizzato, nella sua modernità”.

Per quanto riguarda invece la filiera dell’istruzione tecnico professionale che già con il prossimo anno scolastico cambia, le sue dichiarazioni hanno puntato sui Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (Pcto), meglio noti come  alternanza scuola-lavoro, che a suo dire “saranno sempre più valorizzati nei nuovi percorsi del 4+2”; a tal proposito fa una promessa: “cambieremo nome: si parlerà di formazione scuola-lavoro“. A conferma della bontà del suo progetto ha aggiunto che “le iscrizioni sono cresciute di due volte e mezzo”. Invece, nonostante il liceo del Made in Italy non abbia ottenuto lo stesso successo, il progetto non viene abbandonato, bensì “Dovremo finalizzarlo perché possa fornire le basi culturali per formare futuri manager”[1]

Ora, chi lavora, come il sottoscritto, in un Istituto tecnico economico, sa che un decreto legge di un paio di mesi fa, la cui conversione in legge ha reso necessaria l’apposizione della fiducia da parte del governo[2], ha introdotto in via sperimentale per l’anno prossimo l’impianto curricolare di cui il  ministro, in modo piuttosto generico a dire il vero, parla nelle dichiarazioni di cui sopra. Il grave problema che si pone, e che è stato letteralmente scaraventato addosso ai dipartimenti disciplinari dalla nuova norma, è quello della compressione in due anni di curricoli oggi triennali, al lordo dei cosiddetti PCTO, ossia degli interventi di “esperti esterni”, sempre più “valorizzati”.

Il fatto poi che venga sbandierato come un successo l’esplosione delle iscrizioni a questi nuovi percorsi, coglie in contropiede un ministro che poc’anzi aveva usato dure parole per condannare l’abbandono del latino, del corsivo, della memorizzazione meccanica e così via: sono proprio le coorti di studenti allevati nel modo stigmatizzato dal ministro ad ingrossare il 4+2; dato lo scarso successo ottenuto da questi ragazzi nell’attuale scuola media, le famiglie hanno pensato bene di evitare “la modernità”  liceale, ingrossando le file della futura manodopera dequalificata, di cui il nostro apparato produttivo sempre più affaticato ha disperato bisogno, tanto più in un momento in cui si chiudono le porte agli immigrati. C’è da dire, purtroppo, che è stato proprio questo segmento di popolazione sempre più deprivato culturalmente ad astenersi in massa agli ultimi referendum.

Un’ultima riflessione la voglio dedicare al liceo del prodotto nazionale: è molto più probabile che i “futuri manager” scelgano una formazione classica o scientifica, riservando l’economia agli studi universitari; non vorrei che l’insistenza su questo “made in Italy” si ritorcesse contro i ministri che  l’hanno ideato, tutti di area meloniana. Devo invece rimarcare il fatto che – poiché a breve sarò costretto a sforbiciare i programmi di scienze giuridiche ed economiche – queste discipline subiranno il definitivo colpo mortale anche nell’ultimo indirizzo di studi secondari in cui resistevano.
Dopo la falce della Gelmini che ridusse a prato inglese le sperimentazioni dell’insegnamento di diritto ed economia in tutti i licei e fece terra bruciata negli istituti professionali dove veniva insegnata la legislazione di settore, un altro ministro riuscirà a tenere definitivamente gli italiani lontani dallo studio delle leggi e dell’economia.

12 giugno 2025                                                          Astolfo sulla Luna

Note:

[1]I testi virgolettati sono tratti da Virgilio.it

[2]Atti della seduta del 21 maggio 2025 del Senato della Repubblica,

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La scuola del futuro ultima modifica: 2025-06-13T04:14:44+02:00 da
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